Gio. Apr 18th, 2024

Dalle infiltrazioni nel settore ortofrutticolo del clan Piromalli all’olio extra vergine di oliva di Matteo Messina Denaro, fino alle imposizioni della vendita di mozzarelle di bufala del figlio di ‘Sandokan’ dei Casalesi e al controllo del commercio ortofrutticolo della famiglia di Totò Riina: i più noti clan della criminalità si dividono il business della tavola mettendo le mani sui prodotti simbolo del Made in Italy.

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La graduatoria delle province italiane rispetto all’estensione e all’intensità del fenomeno agromafia nel 2016, se fotografa una concentrazione del fenomeno soprattutto nel Mezzogiorno, evidenzia la presenza nella top ten di rilevanti realta’ del Nord come Genova e Verona rispettivamente al secondo ed al terzo posto dopo Reggio Calabria per i traffici finalizzati al ricco business del falso Made in Italy”.

E’ quanto afferma la Coldiretti che, in occasione della presentazione del rapporto #Agromafie2017, elaborato assieme ad Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, ha allestito una “tavola delle cosche” con i prodotti frutto dei business dei clan criminali.

Il Sud, inoltre, è protagonista nella top ten, con due province in Calabria (Catanzaro oltre alla leader Reggio Calabria), tre in Sicilia (Palermo, Caltanissetta e Catania), due in Campania (Caserta e Napoli) e Bari. A febbraio scorso – ricorda Coldiretti – i Carabinieri del Ros hanno smascherato le attività criminali in Calabria della cosca di ‘ndrangheta Piromalli, che controllava la produzione e le esportazioni di agrumi verso gli Stati Uniti. Nello stesso mese hanno confiscato quattro società siciliane operanti nel settore dell’olivicoltura riconducibili a Matteo Messina Denaro e alla famiglia mafiosa di Campobello. Sempre agli inizi di febbraio è stato arrestato Walter Schiavone, figlio del capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone, per aver imposto la fornitura di mozzarella di bufala Dop prodotta da un caseificio di Casal di Principe. A novembre scorso la Dia aveva inoltre sequestrato i beni di un imprenditore siciliano considerato lo snodo degli affari che il clan dei Casalesi conduce assieme al fratello di Totò Riina, Gaetano, per monopolizzare il trasporto di frutta e verdura.

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