Gio. Apr 18th, 2024

La siccità insegna la preziosità dell’acqua. Secondo un vecchio adagio indiano  rappresenta l’incubo dal quale scaturisce il sogno: quello di vedere scendere la pioggia sulla terra, cui viene attribuito la prerogativa della fertilità. E un vero incubo è quello che stanno vivendo i nostri territori, gli agricoltori, le comunità a causa di una sempre più insopportabile carenza idrica. Una situazione che incide negativamente sulla vita di chiunque.

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A fronte di tutto ciò, occorre maturare, a livello politico-istituzionale, il concetto dell’acqua come strumento di progresso e veicolo di democrazia. Due definizioni che ben si conciliano con la recente legge regionale che disciplina il governo delle acque attraverso una più puntuale regolazione della gestione del sistema idrico integrato calabrese. La stessa, infatti, non solo ha provveduto alla soppressione degli enti d’ambito provinciale, ma offre una occasione unica alla Calabria: di far divenire l’elemento acqua uno strumento di ricchezza, di contributo all’occupazione, di redistribuzione e di sostegno alla povertà. Se a tutto questo aggiungiamo della sua indispensabilità alla vita, riusciamo bene a comprendere l’attenzione che meritano le soluzioni volte a migliorare la gestione dell’esistente. Un obiettivo perseguibile nella nostra regione solo qualora si voglia mettere insieme la saggezza delle scelte, l’autocritica, la lungimiranza e i bisogni sociali, quelli più imminenti ed emergenti. La Sorical, dopo anni di cattivo governo societario e regionale, è divenuta strumento di occupazione clientelare con l’irresponsabile disimpegno della spesa destinata a quegli investimenti che una struttura che si occupa, per l’appunto, di acqua, avrebbe necessariamente meritato. Con la messa in liquidazione, Sorical, nonostante un know how e un avviamento consolidato, è destinata a morire sotto l’ascia dell’insipienza burocratica. Un patrimonio umano e professionale, quello di Sorical, che renderebbe, di contro, appetibile una nuova iniziativa sul mercato imprenditoriale, soprattutto in ambito pubblico. Occorre, pertanto, un modo di esercitare impresa pubblica di ambito specifico capace di produrre dividendi sociali, intesi nel senso di liquidare alla collettività più povera quote d’utile attraverso un minore prelievo del servizio in favore dei meno abbienti. L’acqua (ma anche i rifiuti) costituiscono una spesa troppo pesante per le famiglie. Necessita intervenire in favore di quelle a basso reddito. Riuscirà in questo l’AIC, istituita con la legge regionale? Come? Forse la soluzione ci sarebbe, prescindendo però dai convincimenti, più o meno palesi, di qualche notabile di turno.

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