Ven. Apr 19th, 2024

 

L’articolo ”Mongiana la fabbrica dove i Borboni sterminavano i calabresi”, pubblicato giorno 24 settembre sulla rivista Web zoomsud a firma del direttore Aldo Varano, dal quale traspare una un antimeridionalismo proprio della Lega Nord, mi spinge a intervenire.

Continua dopo la pubblicità...


IonicaClima
amaCalabria
Calura
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
stylearredamentiNEW
E120917A-0A80-457A-9EEE-035CEFEE319A
FEDERICOPUBB
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

Il mio contributo non vuole difendere a spada tratta i Borbone, ma difendere quanto fu fatto in Calabria in passato ed in particolare a Mongiana.

Numero per come ha fatto il direttore le mie, in risposta alle sue argomentazioni.

UNO. Si è aperto al pubblico a Mongiana giorno 24 settembre alla presenza della principessa Beatrice di Borbone, il museo della fabbrica d’armi. Continua, con tale evento, l’azione dell’amministrazione comunale mirata a recuperare e far conoscere le radici storiche di Mongiana e dell’ex polo industriale siderugico-minerario di Mongiana-Stilo-Bivongi-Pazzano, che dava lavoro a circa 1600 operai con un indotto di circa altri 3000.

Il Museo di sicuro farà opera meritoria perchè consentirà di leggere, a chi vuole leggerlo, l’intero “libro” della storia siderurgico-mineraria del comprensorio, senza tralasciare alcuna pagina e senza soffermarsi solo sulle positività di Mongiana come altri si soffermano solo sulle negatività.

DUE. Le fabbriche di Mongiana e dintorni erano una realtà, forse non felice, ma certo una realtà produttiva, dove le condizioni per gli operai non erano peggiori delle altre industrie siderurgiche europee. Qui venivano a lavorare operai dal nord Italia e dal centro Europa.

Il lavoro era duro. Si moriva per incidenti allora come oggi (leggi Terni). Ci si ammalava allora come oggi. Se le condizioni di lavoro fossero state da “sterminio”, come scrive nel titolo il dott. Varano, sarebbero venuti operai  extra-Regno a Mongiana e  a Pazzano per essere “sterminati” o mandati al “mattaoio”?

 

TRE. Per verificare lo stato delle industrie di Mongiana, non bastano sporadiche  testimonianze di viaggiatori del tempo o di scrittori meridionali, che forse non conoscevano neanche la realtà oggetto dei loro scritti ma bisogna contestualizzare il tutto nella globalità dei documenti a disposizione.

Il dott. Varano ci fa sapere che i Borbone “ si preoccuparono di nascondere (ancor prima di perdere il Regno) fondamentali documenti ufficiali, prodotti da loro stessi, perché non giungessero ai contemporanei e ai posteri. Documenti che testimoniavano le condizioni tragiche della Calabria nascondendo che le fabbriche delle Serre e di Mongiana erano mattatoi per calabresi dove si produceva in condizioni di terribile arretratezza (anche rispetto a quel tempo storico)”. Domanda! Se li hanno distrutti, come fa a sapere dell’esistenza di quei documenti ed il contenuto degli stessi?

Mongiana, era gestita dallo Stato. La vita , della comunità era regolata da norme scritte e le rendicontazioni sono conservate a decine di migliaia in parte  nell’archivio di stato di Catanzaro, altre a Napoli. Leggiamole tutte, non soffermiamoci solamente su un documento risalente al 1792.

Le ferriere di Mongiana nascono nel 1765 circa. Progettista l’arch. Mario Gioffredo, che per la sua preparazione era definito il “Vitruvio di Napoli”.  Si stava fondando ex novo una area industriale con tutte le difficoltà del caso.  Nel 1783 il terremoto distrugge tutto. Si ricomincia a edificare gli opifici, normale che le cose non andassero per in verso giusto tenendo anche conto delle congiunture politiche che vedevano i francesi ambire a conquistare il Regno, cosa che avvenne nel 1799 sino al 1802.

Mongiana cresce e le prime baracche vengono sostituite da case in muratura che ancor oggi costituiscono il paese.Si ingrandisce la  fonderia si inizia la fabbrica d’armi. Nel 1805 e sino al 1815 giungono  ancora i francesi, e dal 1821 al 1827 gli austriaci.” Una domanda sorge spontanea”, anche questi dall’alto della loro cultura politico-industriale attuarono lo sterminio dei calabresi a Mongiana, oppure lo interruppero, e poi ritornati i Borbone al potere lo sterminio è ricominciato? Mi sembra troppo “tirata” la rappresentazione di Mongiana-lager,  messa in campo dal dott. Varano.

Si legge, nel su citato articolo che la vita media in quel periodo fosse di 70 anni. Dati del Ministero della Sanità dicono che nel 1881, in Italia, l’età media fosse di appena 54 anni. L’ ISTAT,invece, indica che la speranza di vita nel 1881 fosse  appena   di 35,2 anni per gli uomini e 35,7 per le donne. Di certo nelle fonderie di tutta Europa e non solo a Mongiana si moriva prima sia per le dure condizioni di lavoro, sia per incidenti.

QUATTRO. Mongiana era apparato industriale in un Regno, che per innovazione scientifica e tecnica era dietro solamente all’Inghilterra e alla Francia, e questo è incontestabile. L’unificazione della penisola ha stroncato l’economia meridionale, trasformando il Mezzogiorno in una colonia. Se il Regno delle Due Sicile fosse stata una landa desolata e povera, quale interesse poteva avere il Piemonte a conquistarlo? Si può ancora credere alla “favola” dei fratelli che ti invadono per renderti libero? 10 anni di resistenza agli invasori e circa 500.000 morti dicono il contrario.

Il Merito alla economia nel Regno , basta leggere, il lavoro della ricercatrice Belga Stèphanie Collet,(storica della finanza della Université Libre de Bruxelles) “Gli eurobond che fecero l’Unità d’Italia quando il Regno di Napoli era come la Germania”, o i “Quaderni di storia economica della Banca d’Italia, n. 4 luglio 2010”, dove si legge “che l’arretratezza evidente del Mezzogiorno alla vigilia della Grande Guerra, non era stata ereditata dalla storia  pre-unitaria”.

CINQUE. La chiusura delle industrie di Mongiana e di quelle Meridionali, si sintetizza nelle parole del primo presidente della banca d’Italia dal 1861 al 1882, Carlo Bombrini, co-proprietario dell’Ansaldo, che disse “i meridionali non dovranno mai più intraprendere”.  Mongiana forse non poteva reggere il mercato, lo ammetto, ma uno stato unitario, se veramente tale, avrebbe potuto e dovuto attuare una politica di riconversione per dare  occupazione a quegli operai che, da questa mancata azione, furono effettivamente “sterminati” e fatti morire di fame.

In merito alle condizioni operaie: a Mongiana e Pazzano lavoravano solo uomini adulti con qualche ragazzo addetto alle miniere su base volontaria.

Nella felix e civile Inghilterra, co-artefice  della caduta del Regno, in base alla legge sul lavoro minorile 1770-1886, i minatori erano proprietà del padrone e nelle miniere lavoravano spesso con collari di ferro che indicavano la proprietà del possidente. I figli appena nati erano già considerati proprietà del signore di turno e appena possibile lavoravano al fianco dei genitori. I bambini lavoravano già a quattro anni per 11 ore al giorno.

A Mongiana, e chiudo, si lavorava 8 ore al giorno, si aveva a disposizione un medico chirurgo per gli operai e un medico per i civili ( un medico ogni mille abitanti nel resto del Regno, esattamente come oggi in Italia), si aveva una farmacia, una cassa pensionistica e una per gli infortuni. I ragazzi, avevano un solo l’obbligo. Quello di andare a Scuola.

FRANCO Danilo

Print Friendly, PDF & Email

Di