Gio. Mar 28th, 2024

Tra le splendide acque
del mare calabrese si
nascondono pozzi senza
fondo di batteri, dove i
limiti imposti per legge
vengono superati
anche di migliaia di
unità, fino a cifre che
fanno impressione. È
questa la fotografia scattata
dall’Arpacal, che ha
pubblicato ieri i dati relativi
ai monitoraggi effettuati
nel 2016. Analisi
che hanno evidenziato
la presenza di decine e
decine di punti, distribuiti
in 27 Comuni tra
i 112 monitorati (circa il
24 per cento del totale)
dove fare il bagno potrebbe
equivalere a sfidare
la sorte. Il report è
arrivato in sordina mentre
sul sito della Regione
mancano ancora i dati
relativi alla classificazione
delle aree, onere del
dipartimento ambiente.
L’ultimo aggiornamento
risale a febbraio 2016.
Un piccolo miglioramento,
a dire il vero c’è,
ma impercettibile. E il
motivo, come trapela
dalle parti dell’Arpacal,
è sempre lo stesso: le
istituzioni non intervengono
sugli scarichi
fognari, che ammorbano
Jonio e Tirreno. Da una
parte, dunque, c’è l’agenzia
per la protezione
dell’ambiente, che ogni
anno porta sotto il naso
degli amministratori regionali
i disastri delle coste
calabresi. Dall’altro,
invece, c’è la macchina
burocratica, a quanto
pare ancora ferma. Perché
il problema relativo
agli scarichi, per i quali
la Calabria è in infrazione
comunitaria, non
è mai stato risolto. La
depurazione si conferma
dunque tendine d’Achille
della nostra regione,
che insieme a Campania,
Sicilia e Lombardia
comprende il 60% degli
agglomerati in contenzioso,
per i quali la Corte
di giustizia europea ha
già emesso una sentenza
di condanna. Sono 148 i
comuni calabresi in infrazione,
mentre per altri
è già stata avviata la
prima fase di procedura
di infrazione, con una
lettera di costituzione in
mora.
I dati
La campagna di monitoraggio
2016 ha interessato
635 aree individuate
nei 712 chilometri di costa
calabresi lungo i due
mari. Le criticità sono
dovute per lo più «ad
inquinamenti di breve
durata o aree in qualità
scarsa che nel corso degli
ultimi anni non hanno
ricevuto adeguate misure
di risanamento. Il trend
perciò è negativo rispetto
lo scorso anno quando i
Comuni che presentavano
criticità erano 23. Le
criticità – aggiungono
i tecnici dell’Arpacal –
continuano a persistere
in aree antistanti foci di
fiumi o torrenti che in
parte risentono anche
delle perturbazioni piovose
o in zone collocate
nelle strette vicinanze di
depuratori». Il miglioramento
è riferito soltanto
alla percentuale relativa
alle “classi”, con un incremento
dell’uno per
centro di aree eccellenti
rispetto al 2015 ma con
le stesse percentuali nelle
categorie sufficiente e
scarsa. Per avere acque
balneabili, il livello dei
batteri non deve superare
limiti ben precisi,
cioè 200 unità per 100
millilitri d’acqua per gli
enterococchi intestinali
e 500 unità ogni 100
ml per l’escherichia coli.
Sono questi i numeri
che bisogna considerare.
Perché in alcuni
punti le cifre schizzano
fino a toccare le 35mila
unità. Un’anomalia inquietante
che si ritrova
in diversi punti per entrambi
i batteri e sempre
in provincia di Reggio
Calabria: a Bianco (zona
Camping Ionio blu),
Brancaleone (zona I.
D. Brancaleone), Gioia
Tauro (Pontile N), Reggio
Calabria (Gallico-Limoneto,
Lido comunale
pontile N, Pellaro-Lume,
Tott. Annunziata) e San
Ferdinando (Delta Mesima),
cinque comuni sui
sei interessati. Numerosi
anche i punti che presentano
picchi da 5mila
unità, mentre anche le
acque che si mantengono
sotto la soglia limite
sfiorano l’asticella rossa
rimanendo balneabili
per un pelo. Nel cosentino
sono undici i comuni
finiti sulla lista nera:
le situazioni peggiori si
registrano a Paola (con
picchi da 2mila unità
per entrambi i batteri)
a 300 metri dal Canale
Fiumarella, e a Rossano,
vicino al torrente Coserie
(rispettivamente 385
e 5000 unità). Sono cinque
i punti contaminati
in provincia di Catanzaro,
tra i quali la perla
dello Jonio, Soverato,
dove a sud del torrente
Soverato ci sono picchi
da 3900 e 3100 unità, o
Satriano, in località Fazzaro,
i batteri dell’uno e
dell’altro batterio vanno
da 3400 a 2800 unità.
Solo Crucoli, nel crotonese,
presenta un punto
non balneabile ma con
livelli di poco superiori
ai limiti imposti per legge,
mentre in provincia
di Vibo Valentia il problema
riguarda cinque
città, tra le quali la peggiore
è sicuramente Joppolo,
vicino – manco a
farlo apposta – alla Fiumara
della Morte: lì enterococchi
intestinali ed
escherichia coli raggiungono
le 30mila unità.
Una follia che ammazza
la Calabria.
Simona Musco

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(CRONACHE DELLE CALABRIE)

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