Ven. Mar 29th, 2024

La procedura avrebbe dovuto concludersi nel 2014: se ne parla (nella migliore delle ipotesi) nel 2018. E sapere a chi finiscono i soldi per le prestazioni professionali e le spese di viaggio è impossibile.

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A quattro anni dalla “soppressione” delle Comunità montane (assorbite in Calabria Verde), la loro liquidazione continua. Troppo difficile, troppo complicata. Per questo la giunta regionale si è concessa altri sei mesi, che porteranno – a meno di ulteriori slittamenti – il termine della procedura al 2018. E dire che la prima legge fissava lo stop al 31 dicembre 2014, «data entro la quale la procedura di liquidazione deve essere completata». Un conto è la solennità istituzionale, altro sono i fatti. Tant’è che, nell’agosto 2016, un’altra legge scritta per chiudere la faccenda già si lasciava aperta una “porticina”: «Qualora ricorrano situazioni di particolare complessità delle operazioni», si può spostare il termine in avanti di sei mesi. Quella porticina è diventata un portone: la liquidazione infinita – affidata dal 6 marzo scorso al manager Giacomo Giovinazzo, che non percepisce compensi aggiuntivi – continua e, inevitabilmente, costa.
Dato che in Calabria gli atti della pubblica amministrazione possono colorarsi di sfumature inedite, attorno a questi costi c’è una piccola patina di mistero. Se, infatti, è possibile sapere che, nel mese di aprile, le spese di viaggio per la struttura del commissario unico sono costate 4.469 euro, non è dato sapere chi abbia incassato l’acconto di 2.871 euro per imbastire un ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria. Ci si deve accontentare di un generico studio legale T****/S****. I nomi sono omissis anche nel decreto che assegna 3mila euro per «attività svolta a favore della soppressa Comunità montana delle Serre calabre». Andranno al legale R***** C*****- Come in un rebus, ci si può esercitare con l’albo degli avvocati in mano: complicato, ma magari con un po’ di fortuna si riesce a individuare il professionista.
Per esempio, 17.651 euro finiscono nelle tasche di V****** P******. Ne ha diritto, dato che ha svolto le funzioni di segretario generale tra luglio e ottobre del 2011 per una Comunità montana. Secondo il commissario sono soldi suoi: ma non hanno ugualmente diritto i cittadini a sapere chi sia il titolare di quelle somme, visto che si tratta di denari pubblici? La risposta è no. Anche per quanto riguarda i 14.529 euro riconosciuti a F****** G******** come «spese di viaggio per l’attività svolta quale segretario generale» della Comunità montana “Aspromonte centrale” regge la segretezza. Ed è così per tutti i fondi utilizzati dal commissario straordinario per spegnere i focolai di debito residuo. Per ottenere lo scopo, sono stati messi da parte 450mila euro. Sapere a chi siano già finiti o finiranno è un’impresa che sfiora la caccia al tesoro. Ci sono 3.222 euro, invece, sulle quali il decreto pubblicato nell’albo pretorio riservato alla liquidazione dà qualche indicazione in più. Non il nome del beneficiario del pagamento (per «competenze professionali e rimborso spese di viaggio») – non si mai – ma un luogo (di residenza, di nascita, di domiciliazione professionale?): si specifica infatti che U****** V******* è «di Rende». Siamo proprio nei pressi della violazione della privacy. Per fortuna si torna all’ordinario con i 10mila euro pagati all’avvocato G******* P********, che ha difeso il dipendente C******** in una causa contro la Comunità montana Aspromonte orientale. Lasciamo perdere i nomi, anche se sono fondi pubblici. Bisogna accontentarsi: in fondo la liquidazione sta per finire. Sì, certo, come nel 2014.

(fonte Corriere della Calabria)

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