Ven. Apr 19th, 2024

Veronica Padoan è una dei leader dell’organizzazione “Campagne in lotta”, impegnata contro il caporalato nel Sud. Lo scorso agosto gli attivisti hanno cercato di convincere i migranti del “ghetto” di San Ferdinando, Reggio Calabria, a non trasferirsi nella nuova tendopoli allestita dalla Prefettura. Ma per gli investigatori del commissariato di Gioia Tauro hanno anche brigato con chi ha minacciato di ritorsioni i braccianti stranieri per trattenerli

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Associazione semplice finalizzata all’istigazione alla violazione delle leggi. È questo il motivo per cui è stata denunciata in Calabria Veronica Padoan, figlia del ministro dell’Economia Pier Carlo, voluto prima da Matteo Renzi e poi da Paolo Gentiloni per amministrare le finanze del Paese. Anche Veronica si occupa in un certo senso di economia, ma da un punto di vista radicalmente diverso rispetto al genitore. È una delle leader di “Campagne in lotta”, organizzazione con cuore romano ma impegnata contro il caporalato nelle zone agricole del Sud, poco amata sia dalle Questure, sia dalle altre associazioni impegnate nella tutela dei braccianti.

Nell’agosto scorso a San Ferdinando, piccolo centro in provincia di Reggio Calabria da anni sede di uno dei peggiori ghetti che ospitano i migranti, “Campagne in lotta” è riuscita nell’impresa di farsi detestare da uno schieramento trasversale di realtà, dai centri sociali ai sindacati, passando per i comitati, tutti accusati di essere “guardie e amici delle guardie”. Gli attivisti dell’organizzazione romana erano impegnati a impedire il trasferimento volontario dei migranti nella nuova tendopoli allestita dalla Prefettura per permettere a chi lo volesse di abbandonare le baracche fatiscenti del ghetto. La maggior parte dei braccianti ha fatto orecchie da mercante alle istanze di “Campagne in lotta” e si è messa in fila per essere ammessa nella nuova struttura. Ma la Questura non ha per niente gradito l’attività dell’organizzazione romana.

Per gli investigatori del commissariato di Gioia Tauro, guidato dal vicequestore aggiunto Diego Trotta, gli attivisti hanno brigato con chi ha minacciato di ritorsioni e aggressioni i braccianti decisi a trasferirsi nella nuova struttura. “Le posizioni dei soggetti che hanno intralciato e ostacolato il libero trasferimento dei migranti usando la forza di intimidazione – aveva detto quel giorno il questore di Reggio Calabria, Raffaele Grassi – sono in corso di valutazione da parte delle forze di polizia e dell’autorità giudiziaria”. Poco meno di un mese dopo sono arrivati i provvedimenti. All’indirizzo di Padoan e altri militanti dell’organizzazione è arrivato un “foglio di via” e un divieto di soggiorno, che impedisce loro di mettere piede nel comune di Rosarno. Nel frattempo, per tutti è scattata la denuncia. Toccherà alla procura di Palmi valutare se e in che misura siano concretamente raffigurabili i reati contestati, che sulla carta prevedono pene fino a cinque anni.

(FONTE LA REPUBBLICA.IT)

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