Ven. Mar 29th, 2024

Negli ultimi anni è la regione che ha ottenuto maggiori flussi di risorse pubbliche. Ma l’emorragia di laureati e professionisti verso il Nord non si arresta. Con costi pesanti in termini economici e sociali

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C’è un paradosso che da il senso dell’incapacità politica a governare al meglio i flussi finanziari che arrivano al Sud Italia. E la Calabria in questo senso ne è esempio lampante. Ed è esprimibile in una semplice equazione: a numero crescente di risorse pubbliche da impegnare in investimenti corrisponde una maggiore spinta all’emigrazione fuori regione – soprattutto di giovani – in cerca di occupazione.
La conferma, l’ennesima, arriva dallo studio comparato effettuato dalla Cgia di Mestre e dai dati sull’emigrazione transregionale che derivano dai flussi demografici tra regioni. Tra cui l’ultima, quella fotografata, dall’Adepp (Associazione degli enti professionali privati). Ebbene se il primo dato sancisce un costante incremento del flusso di denaro pubblico verso la Calabria, l’altro dimostra una costante fuga di giovani laureati (dunque quelli con maggiore skill) dalla regione. Tanto da registrare un valore record nazionale.
Mentre paradossalmente in aree dove si è registrata una maggiore contrazione di investimenti pubblici – ad esempio, il Nord-Est – queste zone continuano ad attrarre giovani provenienti dalle regioni prevalentemente del Mezzogiorno.
Fornendo una prova che la teoria keynesiana – a crescita maggiore degli investimenti pubblici equivale una crescita dell’occupazione – a queste latitudini non trova riscontri. Anzi ne risulta essere un’eccezione.

CROLLANO GLI INVESTIMENTI PUBBLICI, MA NON AL SUD Stando ai dati elaborati dall’ufficio studi della Cgia di Mestre, in 12 anni si è assistito in Italia a una contrazione del volume degli investimenti pubblici pari al 20 per cento. Con un picco ancora maggiore registrato tra il 2009 e il 2017 quando la diminuzione si è spostata su valori di 35 punti percentuali. Andando poi allo specifico territoriale l’area che ha subito maggiori tagli di risorse pubbliche è stata quella del Nord-Est dove in un decennio (2005-2010), stando ai dati della Cgia, la sforbiciata ha raggiunto il 37,4 per cento. In soldoni si traduce in un meno 5,3 miliardi.
Dai dati aggiornati al 2015 sugli investimenti statali che comprendono anche quelli realizzati dal Settore pubblico allargato (Spa) emerge che l’unica area che ha beneficiato di maggiori risorse è stata quella del Mezzogiorno (+ 419 milioni di euro pari al +2,7%).
Ed entrando nello specifico territoriale la Calabria è la regione che ha ottenuto il valore record – se si esclude l’Abruzzo destinatario di investimenti post terremoto – nazionale: +38,1 per cento di investimenti pubblici. Un volume di risorse che avrebbe dovuto generale conseguentemente maggiore ricchezza di ricaduta rispetto ad altre aree del Paese. E invece i dati macroeconomici della Calabria non registrano in questo lasso di tempo (2005-2010) alcuna ripresa dell’economia e dunque dell’occupazione, anzi.

FUGA DI CERVELLI Ai dati sulla fuga dal Sud – e dalla Calabria, in particolare – dei giovani laureati provenienti dai maggiori Istituti di statistica nazionale si aggiungono anche quelli dall’Adepp (Associazione degli enti professionali privati). Stando allo studio realizzato dall’Associazione, tra il 2008 e il 2015 si è registrato un vero e proprio “tonfo” di guadagni al Sud tra gli iscritti agli Ordini professionali e che ha colpito soprattutto gli under 35. Spesso legati all’impossibilità per i giovani di reggersi sulle proprie gambe. Per fare il termine di paragone: se il reddito medio di un professionista in Lombardia (dati 2015) è stato di 60mila euro, in Calabria non ha superato i 20mila euro.
Con un discrimine ancor più evidente per quanto attiene il genere. In media, stando sempre alle elaborazioni dell’Adepp, un professionista che lavora a Milano raggiunge in media un reddito di 60mila euro l’anno contro gli 11.700 euro di una sua collega di Cosenza. Elementi che fanno comprendere le vere motivazioni che spingono professionisti e dunque “cervelli” a fuggire dalla Calabria.

I COSTI DELL’EMIGRAZIONE E la “fuga di cervelli” provoca un danno non solo alla capacità di offrire una nuova classe dirigente preparata alla Calabria, ma anche un costo per la collettività. Uno studio elaborato dal Censis per conto di Confcooperative, ha stimato in 5 miliardi di euro il depauperamento provocato da questa costante emigrazione di laureati verso le regioni del Nord e dall’alta concentrazione di giovani meriidonali che si iscrivono ad Atenei del Settentrione.
Numeri, dunque, che certificano la fallimentare gestione delle risorse pubbliche da parte dei “decisori” politici del Sud. Con buona pace appunto di Keynes.

(fonte corrieredellacalabria)

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