Gio. Mar 28th, 2024

L’ispezione da cui è nata la vicenda che ha coinvolto Mimmo Lucano, sindaco simbolo dell’accoglienza, è stata effettuata da una funzionaria molto “vicina” a un progetto attivo a Cosenza. Così i controllori di un territorio diventano i controllati di un altro

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C’è un numero consistente di calabresi che, nonostante il rumoroso avviso di garanzia di una settimana fa, continua a credere nel “modello Riace”. Qualsiasi sia la lettura che si voglia dare della vicenda che ha portato il sindaco Mimmo Lucano ad essere messo sotto inchiesta per truffa, concussione e abuso d’ufficio, è un dato di fatto che ci siano ancora tanti cittadini, movimenti e associazioni che non hanno remore a macinare chilometri – anche da ben oltre i confini regionali – per manifestare sostegno e vicinanza a un modello di accoglienza riconosciuto come alternativo e antitetico rispetto al business che ha prosperato in tutta Italia sull’onda lunga dell’emergenza sbarchi. Così i commenti, il giorno dopo la corposa mobilitazione di Riace, oscillano tra la fiducia che tutto finirà in una bolla di sapone e la paura che, anche se fosse questa la conclusione, l’immagine del “modello Riace” sarà comunque irrimediabilmente compromessa. Ma non sono queste le uniche due posizioni che si respiravano ieri tra la folla dei sostenitori di Lucano.

In mezzo agli applausi, agli abbracci e alle lacrime, infatti, c’era anche chi, seppure a mezza bocca, lasciava trapelare una malcelata ostilità nei confronti di persone non meglio identificate che avrebbero avuto, sempre secondo la vox populi, un qualche interesse a screditare il sistema di accoglienza riacese. Se ciò sia vero o meno, ovviamente, non è dato saperlo, ma almeno è possibile, per aggiungere qualche elemento di chiarezza in una vicenda tutt’altro che cristallina, individuare a chi fossero dirette le allusioni che si respiravano nella piazza pro Lucano. A onor del vero già qualcuno ha paventato un conflitto di interessi in capo a chi ha dato la stura al caso Riace ma, anche se in realtà non è proprio così, è evidente che ci siano situazioni interne al sistema che ruota attorno agli Sprar che fanno pensare che forse non tutto è così limpido come si vorrebbe far credere.

Per ricostruire la vicenda nei dettagli bisogna tornare alle ormai note ispezioni avvenute a Riace il 20 e 21 luglio del 2016. Ad effettuarle non sono stati i tre funzionari prefettizi (Salvatore Gullì, Francesca Iannò e Salvatore de Giglio) che hanno poi firmato la relazione – di cui ha dato notizia a marzo il Giornale e, ancor prima, la Gazzetta del Sud – che elencava le «numerose criticità gestionali» riscontrate a Riace, bensì una dei tre tutor che in Calabria operano i controlli per il Servizio centrale del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. La tutor che ha ispezionato lo Sprar di Riace a luglio dello scorso anno si chiama Enza Papa, opera nel settore da diverso tempo e ha competenza territoriale sulle province di Catanzaro, Vibo Valentia e, appunto, Reggio Calabria. È dal suo «accesso ispettivo» che sono scaturite le successive visite dei funzionari prefettizi, ma ciò che le si contesta oggi è un presunto conflitto di interessi in virtù della sua precedente esperienza all’interno di uno Sprar. Papa, infatti, è stata per diverso tempo l’operatrice legale di uno Sprar di Cosenza, un progetto che lei ha poi lasciato per svolgere l’incarico affidatole dal Servizio centrale, ma in cui ha tuttora un ruolo di primo piano il suo compagno, Alessandro Gordano. In realtà, come detto, Papa non ha competenza sullo Sprar in cui lei stessa ha lavorato e in cui opera il compagno – per la provincia di Cosenza se ne occupa infatti un altro funzionario del Servizio centrale, Sergio Troilo – però certamente resta il dubbio, almeno dal punto di vista dell’opportunità, che forse potrebbe non esserci stata un’adeguata serenità di giudizio su un progetto che ha richiamato negli anni molta attenzione mediatica come quello di Riace. Si tratta, ovviamente, solo di una congettura, tanto più che non c’è un conflitto di interessi diretto. Ma la vicenda fa comunque capire che il clima che si respira nel settore degli Sprar non è affatto esente da veleni né da interessi che potrebbero esulare da quelli collettivi.

Tutto ciò al netto dell’inchiesta della magistratura che seguirà il suo corso al di là dei presunti conflitti di interesse tra i controllori di un determinato territorio che risultano poi essere molto vicini ai controllati di un altro territorio della stessa regione. Intanto Lucano, oltre ad essere stato convocato per martedì, su sua richiesta, dai magistrati della Procura di Locri, ha chiesto che sia fatta un’indagine patrimoniale e bancaria su di lui e su tutto il suo nucleo familiare, fornendo agli inquirenti gli estremi dei suoi conti correnti postali e dei beni (l’appartamento in cui abita a Riace superiore e la sua Alfa Romeo Giulietta) a lui intestati.

(fonte corriere della calabria)

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