Ven. Apr 19th, 2024

Lettera inviata al ministro dell’Interno da più della metà dei primi cittadini della Città metropolitana. Per discutere di una legge eccezionale che in Calabria è diventata «ordinaria». E per sconfiggere la «cultura del sospetto» tra i diversi organi dello Stato.

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Dopo gli scioglimenti a catena dei consigli comunali calabresi, 51 sindaci della provincia di Reggio Calabria chiedono un incontro urgente al ministro dell’Interno Marco Minniti. Un incontro da interpretare come un segnale utile a ricreare quel clima di «serenità e fiducia» necessario per spingere i primi cittadini «a continuare a svolgere il loro mandato nell’interesse delle comunità e della democrazia». La richiesta dei 51 sindaci – su un totale di 85 in tutta la provincia – è stata formalizzata tramite una lettera aperta a Minniti. Non è probabilmente da interpretare come una vera e propria mobilitazione contro la legge sugli scioglimenti e la sua applicazione reale, ma certo l’iniziativa dei sindaci della Città metropolitana (avviata dal primo cittadino di Roghudi, Pierpaolo Zavettieri) è da intendere come un tentativo di alzare la voce contro una normativa che troppo spesso ha dimostrato di non funzionare, come dimostrano i casi dei Comuni sciolti più volte, e che da strumento eccezionale è diventato via via una misura «ordinaria».
Le ultime decisioni del Consiglio dei ministri, che ha azzerato in un colpo solo ben cinque municipi calabresi (Lamezia Terme, Petronà, Isola Capo Rizzuto, Marina di Gioiosa Jonica e Cassano allo Jonio) ha turbato profondamente la comunità dei sindaci, in particolare quelli che operano nel Reggino, la provincia calabrese dove sono più forti i tentativi di condizionamento – diretto o indiretto – da parte delle organizzazioni criminali.

LA LETTERA «Non parliamo qui – scrivono i sindaci a Minniti – della condizione economica, sociale e civile dei nostri Comuni e dell’intera Calabria, che lei conosce bene essendo anche la sua regione: ci preme di più richiamare la sua attenzione sulle condizioni e i contesti in cui si trovano a operare le nostre amministrazioni locali e noi sindaci, primo presidio di democrazia, si dice, rimasto a contatto diretto con i cittadini e il territorio. Un pezzo di Stato, sia pure periferico, che non sempre si sente tale anche perché misconosciuto dagli altri organi dello Stato presenti sul territorio».
Il rischio, secondo i sindaci, è che la «cultura del sospetto» da parte dello Stato nei confronti degli enti locali possa ostacolare la crescita sociale e civile e impedire un’azione di contrasto alla criminalità organizzata davvero efficace. I 51 primi cittadini che hanno sottoscritto il documento – tra cui quelli di Palmi, Locri, Rosarno, Melito Porto Salvo e Scilla – ricordano che «nella gestione dei migranti e dei richiedenti asilo i nostri Comuni non si sono tirati indietro pur dinanzi ai disagi e ai dissensi dei cittadini elettori, contribuendo in tal modo alla riuscita di un’operazione condotta con intelligenza» dal ministero dell’Interno. Tuttavia, «quando si è invece costretti a operare, e ciò accade sempre più spesso, sotto la spada di Damocle dello scioglimento dei consigli comunali per mafia, strumento eccezionale divenuto ordinario, con i rischi e gli effetti indistinti che comporta per gli amministratori, le loro famiglie e le comunità, la tentazione di mollare l’impegno pubblico diventa molto forte e irresistibile».

SCONFITTA Si tratterebbe di una «sconfitta» personale ma anche «dello Stato democratico, costretto ad avvitarsi su se stesso e a ricorrere con sempre maggiore frequenza allo strumento inefficace del commissariamento, affidando l’azione di contrasto alla ‘ndrangheta unicamente alla magistratura e agli strumenti repressivi e penali che, da soli, non possono sortire gli effetti sperati».
I sindaci – disposti a incontrare Minniti «sia a Roma che in Calabria» – sono convinti che «una non adeguata attenzione alla problematica da noi sollevata» rischierebbe di «aggravare ulteriormente il clima di sfiducia al punto di “orientare” gli amministratori locali in carica verso una rinuncia al mandato elettivo e di conseguenza sfavorendo la formazione delle future classi dirigenti».
La lettera è stata firmata dai sindaci di Roghudi, Caraffa del Bianco, Sant’Agato del Bianco, Casignana, Sant’Ilario dello Jonio, Camini, Martone, Grotteria, Agnana Calabra, Monasterace, Ardore, Locri, Ciminà, Africo, Palizzi, Ferruzzano, Staiti, Bruzzano Zeffirio, Feroleto della Chiesa (vicesindaco), Serrata, Melicucco, Melicuccà, Molochio, Giffone, Galatro, Montebello Jonico, Scido, Rosarno, Palmi, Cosoleto, Calanna, Cardeto, San Ferdinando, San Roberto, Oppido Mamertina, Terranova Sappo Minulio, Santo Stefano, Candidoni, Laganadi, Maropati, San Giovanni di Gerace, Roccella Jonica, Cinquefrondi, Bova, San Procopio, Varapodio, Antonimina, Scilla, Melito Porto Salvo, Roccaforte del Greco, Stignano.

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