Gio. Mar 28th, 2024

Il pentito è tornato a deporre nell’aula bunker di Reggio dove si sta celebrando il processo “’Ndrangheta stragista”: «Ho capito che le azioni di fuoco erano collegate a un piano più grande, che si legava alle stragi in Sicilia e nel continente»

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«Ho capito con il tempo che gli attentati ai carabinieri erano pilotati. Significa che qualcuno li ha decisi e organizzati e non può essere stato Calabrò. Io sono stato usato». Torna a deporre all’aula bunker di Reggio Calabria il pentito Consolato Villani, ascoltato dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo nel corso del processo “Ndrangheta stragista”. E per la prima volta dice chiaramente che «con il tempo ho capito che le azioni di fuoco erano collegate a un piano più grande, che si legava alle stragi in Sicilia e nel continente».
Una verità che Villani avrebbe scoperto solo molti anni dopo essersi macchiato le mani del sangue dei carabinieri, quando il grado acquisito nel corso della sua scalata alla gerarchia mafiosa glielo ha consentito, ma soprattutto quando ha iniziato ad accompagnare Nino Lo Giudice agli incontri con una misteriosa coppia di quelli che lui definisce «sicari». E uno di loro – afferma – era Giovanni Aiello. «All’epoca non sapevo che si chiamasse così».
Quello di cui già all’epoca era certo, per averlo saputo da Nino Lo Giudice, era che «si trattava di due mercenari, esperti di armi ed esplosivi. Facevano parte dei servizi segreti deviati ed erano il collegamento con ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra. Erano quelli che venivano incaricati delle azioni di destabilizzazione in varie parti d’Italia. Hanno lavorato sia per le stragi in Sicilia e sono coinvolti negli attentati ai carabinieri».
E che fra i vari fatti di sangue che in quegli anni hanno sconvolto l’Italia ci fosse un collegamento Villani lo ha intuito anche quando il pentito Gaspare Spatuzza è stato chiamato a deporre al suo processo d’Appello, per riferire dell’incontro al bar Doney durante il quale Graviano lo avrebbe invitato ad affrettarsi con l’attentato all’Olimpico perché «i calabresi già si sono mossi». «È stato allora – dice Villani – che ho sentito parlare di queste cose. Allora non avevo capito».

Alessia Candito

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