Ven. Mar 29th, 2024

Il procuratore Gratteri: «Da oggi la città è più libera. Da dieci anni queste persone controllavano la vendita di droga davanti alle scuole. E si rifornivano da una ‘ndrangheta di serie A». Inchiesta iniziata nel 2009 mentre si indagava sui delitti Fraietta e Grande 

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Una «città più libera», Catanzaro, così l’ha definita il procuratore capo Nicola Gratteri dopo l’operazione congiunta “Passo di salto” che ha portato all’arresto di 51 persone accusate a vario titolo dei reati di produzione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Cinquanta persone che stavano inondando di droga il capoluogo, arrivando fino alle scuole. L’operazione è stata coordinata dalla Dda di Catanzaro – dagli aggiunti Vincenzo Capomolla e Vincenzo Luberto e dai sostituti Domenico Guarascio e Paolo Petrolo – e condotta dal Nucleo investigativo dei Carabinieri di Catanzaro e dalla Squadra mobile della Questura del capoluogo «Abbiamo arrestato 50 venditori al dettaglio di cocaina, eroina e hashish, un numero rilevante per una città come Catanzaro. Sono quelli che da almeno 10 anni controllano la distribuzione delle droghe davanti alle scuole, nelle piazze, dove ci sono i ragazzi che sono i maggiori fruitori di questa sostanza stupefacente. La cosa allarmante è che questa operazione si riforniva da una ‘ndrangheta di serie A, dai clan di San Luca, del Crotonese, di Gioiosa Ionica. quindi possiamo dire che era una organizzazione ritenuta affidabile perché altrimenti le consorterie non avrebbero venduto la cocaina, l’eroina o l’hashis». «Siamo soddisfatti perché – ha spiegato Gratteri – abbiamo bisogno anche di questo tipo di indagini. Non solo delle operazioni sui grandi traffici internazionali o quelle con sequestri di tonnellate di stupefacente, sono importanti anche le indagini che stroncano la vendita al dettaglio perché noi dobbiamo preoccuparci anche della sicurezza e della vivibilità delle famiglie e dei cittadini». L’indagine ha avuto inizio nel 2009 mentre si indagava su due omicidi, quello di Giuseppe Fraietta e di Luigi Grande. C’è una prima fase in cui quella che viene definita “l’impresa Mirarchi” dal nome del collaboratore di giustizia che all’epoca ha avuto un ruolo di spicco nello spaccio dello stupefacente a Catanzaro, è una impresa conduzione quasi familiare, poi c’è «un secondo step in cui l’impresa si allarga – spiega il colonnello Alceo Greco comandante del Nucleo operativo dei carabinieri di Catanzaro – e si cominciano ad avere canali di approvvigionamento molto più rilevanti dalla parte della Locride e del Crotonese».

LA VOGLIA DI FARE COME SCAMPIA «Ad un certo punto dalle intercettazioni emerge la voglia di fare come Scampia – spiega Greco – quindi con particolari di vendita dietro un cancello con un buco, così che lo spacciatore non si vede». Il desiderio di fare come Scampia non nasce per emulare Scampia ma perché il mercato degli acquirenti era tale da consentire all’organizzazione criminale di porre in essere un modello come quello campano. «L’organizzazione era forte e ben radicata sul territorio – prosegue Greco – tanto è vero che le attività di riscontro sono state fatte con grande oculatezza da parte della polizia giudiziaria e con l’uso di telecamere a grossissima distanza». C’era un linguaggio criptico per definire lo stupefacente che veniva definito “prosecco” o “prosciutto” o con altre denominazioni a seconda dei casi. Altro dato allarmante scaturito dalle indagini è la forte domanda di sostanze stupefacenti.

IMPENNATA NEL CONSUMO DI COCAINA «Il consumo di cocaina e di marijuana sta aumentando in maniera esponenziale – ha spiegato il procuratore capo Nicola Gratteri – mentre, ad esempio negli Stati Uniti si sta registrando una diminuzione del consumo di cocaina in Italia e in Europa c’è un’impennata nel consumo di queste droghe. Di conseguenza, se c’è la domande c’è anche l’offerta. E l’offerta è abbastanza significativa visto che da anni il prezzo delle droghe è uguale, non subisce minimamente l’inflazione».

COINVOLTI ANCHE MINORI NELLO SPACCIO «Questa indagine è importante perché incide sulla rete di distribuzione dello stupefacente e sul territorio – aggiunge Vincenzo Capomolla –. Rete di distribuzione che interessa anche le scuole. Ci anche dei minori che sono coinvolti nella commercializzazione della droga. L’importanza è stata quella di incidere su quelle associazioni che controllano il territorio nella distribuzione di ogni tipo di sostanza stupefacente. Speriamo che sia stata interrotta questa rete di relazioni anche se l’attenzione deve rimanere alta».

IMPORTANTE PARLARE NELLE SCUOLE «Sarebbe importante discutere all’interno delle scuole di questa pervasiva offerta – ha concluso il procuratore Luberto – perché sarebbe il caso di puntare il dito contro quelli che sono i danni che subisce chi fuma marijuana, perché crea dipendenza e brucia le cellule cerebrali. Forse come generazione abbiamo avuto un certo lassismo rispetto al consumo di derivati dalla marijuana. E ci sarebbe bisogno di parlare con i formatori. Noi possiamo portare la nostra esperienza però l’attenzione deve venire dalla scuola e la scuola si deve fare carico di questo problema che ancora una volta balza all’evidenza dalle indagini».

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