Ven. Apr 19th, 2024

La Corte d’assise di Cosenza ha emesso la sentenza nei confronti dell’uomo. Ha confessato l’omicidio della cognata, ritenuta responsabile del suo divorzio

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È stato condannato alla pena di reclusione di 30 anni Paolo di Profio. Il massimo per gli imputati che si avvalgono del rito abbreviato. La Corte di assise di Cosenza non riconosce le attenuanti generiche proposte dalla difesa e al contrario ritiene che sussistano le aggravanti della crudeltà e della premeditazione avanzate nel corso della discussione dal pubblico ministero Maria Francesca Cerchiaria e dagli avvocati di parte civile Franz Caruso e Mimmo Bruno. Nell’ultima settimana il presidente della Corte Giovani Garofalo con a lato Francesca De Vuono e la giuria popolare hanno ascoltato le arringhe della difesa dell’imputato gli avvocati Sabrina Mannarino e Giuseppe Fonte, dopo aver ascoltato le parti civili e l’accusa che in requisitoria aveva chiesto proprio il massimo della pena.

L’ASSASSINIO Di Profio, reo confesso del delitto, ha ucciso Annalisa Giordanelli medico condotto di Cetraro e cognata dell’omicida colpendola con un piede di porco alla testa. La donna stava facendo jogging sul lungomare della città tirrenica quando è stata raggiunta dal suo aguzzino. Alla base dell’efferato delitto ci sono i rapporti familiari, infatti, pare che la dottoressa avesse condiviso la scelta di sua sorella nel voler divorziare dal marito e questo atteggiamento non è stato affatto gradito da Di Profio.

L’ABBREVIATO Il quadro indiziario è stato sin dall’inizio talmente chiaro da far ritenere il «caso blindato» anche perché Di Profio già nell’immediatezza dei fatti aveva confessato l’omicidio.
L’avvocato Fonte, in Assise, riuscì a convincere la corte sulla richiesta di abbreviato condizionato alla perizia psichiatrica depositando copia del verbale del novembre 2016, la consulenza redatta dal consulente di parte, il verbale di interrogatorio di Di Profio, e la consulenza psichiatrica del dottore Pantusa. Sia il pm Maria Francesca Cerchiara che i legali di parte civili si opposero alla richiesta perché convinti che sostanzialmente non esiste una prova che possa motivare il vizio di mente e che si tratti di una prova antecedente al feroce delitto. Durante il processo si sono costituite parti civili la moglie dell’imputato, il marito, la sorella e la madre della vittima.

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