Ven. Apr 19th, 2024

Secondo la Dda di Reggio, il presidente della Camera di Commercio di Vibo avrebbe attribuito quote azionarie della Iam al figlio per eludere le norme antimafia. Per gli inquirenti la società che gestisce molti depuratori della Piana di Gioia resta saldamente nelle mani dell’imprenditore vibonese

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Intestazione fittizia di beni al fine di eludere le norme antimafia. Con queste motivazioni i carabinieri del comando provinciale e del Nucleo operativo ecologico di Reggio Calabria, hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Dda, nei confronti della società Fargil S.r.l. con sede legale in Roma.
La società, da quanto emerso dalle indagini della Distrettuale, sarebbe stata costituita ad hoc dal presidente della Camera di Commercio di Vibo Michelino Roberto Lico per trasferire la quota maggioritaria della Iam Spa – società che gestisce gran parte dei depuratori dei comuni della Piana di Gioia Tauro –  ed evitare così ripercussioni sulla stessa società.
In particolare l’operazione odierna condotta dai militari sarebbe un’ulteriore sviluppo dell’articolata attività d’indagine denominata “Metauros”, che aveva portato lo scorso ottobre 2017 all’esecuzione di fermo di indiziato di delitto a carico di 7 soggetti, indagati a vario titolo di associazione mafiosa (cosca Piromalli), concorso esterno, estorsione ed intestazione fittizia di beni, con l’aggravante delle modalità mafiose, nonché all’esecuzione di un decreto di sequestro preventivo d’urgenza di società operanti nel settore della depurazione e trattamento delle acque, trasporto e compostaggio dei rifiuti speciali non pericolosi.
Il sequestro della Fargil S.r.l, vede in veste di indagato il presidente della Camera di Commercio di Vibo Valentia, ritenuto responsabile di intestazione fittizia di beni poiché, al fine di eludere le disposizioni in materia antimafia, ha attribuito fittiziamente al figlio Santo, 28enne, la maggioranza assoluta delle azioni della Iam S.p.A. di Gioia Tauro, società che gestisce da oltre un ventennio la depurazione delle acque reflue di numerosi comuni della Piana.
Secondo quanto dichiarato dagli inquirenti, le indagini hanno consentito di ricostruire dettagliatamente le vicissitudini imprenditoriali di Lico, fino al 20.07.2015 a capo della Iam S.p.a. attraverso la società Ligeam Srl. In quella  data, infatti, un’altra società riconducibile alla famiglia Lico per la gestione di appalti pubblici, la Elmecont S.r.l. di Maierato (VV), ha ricevuto un’interdittiva antimafia emanata dalla Prefettura di Vibo Valentia, provvedimento che menzionava anche la Ligeam Srl. Pertanto, al fine di evitare che anche quest’ultima potesse essere attinta da analoghe preclusioni di pubbliche commesse, con inevitabili ricadute sulla Iam., l’imprenditore vibonese, attraverso una spregiudicata manovra societaria, ha trasferito la maggioranza azionaria di quest’ultima (89,5% del totale) al figlio Santo, 28enne, costituendo ad hoc la Fargil S.r.l., destinataria dell’odierno provvedimento.
Sempre secondo gli inquirenti,  le risultanze investigative avrebbero dimostrato, in maniera ben chiara, la natura assolutamente fittizia dell’operazione, con Michelino Roberto Lico, di fatto, ancora saldamente al timone della Iam e, pertanto, dominus sostanziale ed unico interlocutore dei vertici della compagine societaria: le risultanze investigative hanno comprovato come, anche dopo la formale fuoriuscita dalla compagine sociale, Lico sia rimasto l’unico punto di riferimento dei dirigenti della Iam, ai quali ha regolarmente dettato le strategie imprenditoriali.
Il valore complessivo dei conti correnti e dei beni riconducibili alla società sequestrata ammontano a circa 1,5 milioni di euro.

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