Gio. Apr 18th, 2024

E’ morto perché come lingua del popolo, che fin dal 600 si è sviluppata tra le classi rurali che formavano prevalentemente il tessuto sociale della nostra terra, nel momento in cui si è passati dalla civiltà contadina alla civiltà urbanizzata, l’esigenza di una lingua che non era più quella dei campi è venuta meno. Infatti, nella civiltà moderna, con altre tipologie di lavoro e di interessi sociali diversi, non solo si è abbandonato il dialetto, anche la lingua italiana, giorno dopo giorno, sta perdendo colpi, sotto l’incessante ingresso nella nostra lingua nazionale di nuovi vocaboli, quasi tutti provenienti dall’inglese, che la stanno uccidendo, dando così origine ad una lingua che potremmo definire “itanglese”. Per cui, quando sento qualcuno che mi dice che il nostro dialetto non è morto, rispondo dicendo che una lingua dialettale, che non può essere più parlata per le ragioni che ho esposto, e non avendo futuro, ma solo un effimero presente, vive fin tanto che vivranno quelle persone che vivono come i loro antenati, o nel ricordo di un mondo che non c’è più, o di cui conservano ancora tracce nella memoria. Che non sono molti, credetemi, per cui, nel giro di qualche generazione, cioè ogni giorno che passa, si sarà persa la radice più profonda della nostra vera identità calabrese: chi siamo e da dove veniamo. E questo perché ogni popolo ha una sua parlata, che non solo cambia da regione a regione, ma anche nell’ambito della stessa provincia e, spesso, anche nell’ambito di uno stesso paese.

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