Mer. Apr 24th, 2024

Corteo dei migranti verso il Comune di San Ferdinando. È scattato lo sciopero dei braccianti nella Piana di Gioia Tauro dopo l’omicidio di Soumalia Sacko. Manifestazione fuori dalla tendopoli. Don De Masi: «Vogliamo verità e giustizia. E serve una svolta sui diritti»

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Un gruppo di una trentina di maliani che vivono nella vecchia tendopoli di San Ferdinando, si sono messi in marcia per raggiungere il municipio di San Ferdinando per incontrare un rappresentante istituzionale o un rappresentante della giunta comunale che guida l’Ente dal 2016. Il corteo è stato autorizzato dalle forze dell’ordine che stanno seguendo i manifestanti. «Soumaila uno di noi» e «Schiavi mai» gli slogan dei migranti, che chiedono di essere considerati esseri umani e non merce.

«LA PACCHIA È FINITA, MA PER SALVINI» «A Salvini vogliamo dire che la pacchia è finita per lui, perché per noi la pacchia non è mai esistita; per noi esiste il lavoro. Sappiamo che in Calabria esiste gente che ricorda il proprio passato di migrante. Noi siamo lavoratori, italiani, africani, bianchi, neri e gialli. Abbiamo lo stesso sangue e vogliamo gli stessi diritti». Lo ha detto Ababacur Sauomaoure dell’esecutivo nazionale Usb a San Ferdinando a margine della manifestazione promossa dai migranti della tendopoli dopo l’omicidio di Soumaila Sacko e il ferimento di due suoi connazionali.  «Dedichiamo questa giornata – ha aggiunto Sauomaoure – a Soumaila Sacko. È stata una giornata di sciopero alla quale hanno aderito anche i lavoratori del foggiano. Soumaila era un cittadino, un bracciante, aveva una figlia di 5 anni. Era impegnato nella lotta allo sfruttamento e lavorava per un salario di tre euro l’ora al giorno. Era un uomo, un lavoratore, un sindacalista. È stato assassinato. Noi condanniamo – ha detto ancora il rappresentante dell’Usb – chi ha definito Soumaila semplicemente un ladro, perché lui cercava di migliorare le condizioni di vita di tutti i braccianti. Sosteniamo la lotta per la quale è stato ucciso e chiediamo verità e giustizia. Chiediamo che si indaghi per bene e con calma perché abbiamo diritto di sapere il nome di chi lo ha
assassinato».

LO SCIOPERO Intanto è scattato lo sciopero dei braccianti nella Piana di Gioia Tauro indetto dal sindacato autonomo. 
Sulle cause dell’omicidio stanno ancora indagato i carabinieri, che tendono ad escludere il movente razziale, ma nella baraccopoli di San Ferdinando, uno centri della piana che ospita alcune centinaia dei 1.500 extracomunitari che lavorano nelle aziende agricole della zona, ieri notte sono stati incendiati copertoni e rifiuti per protesta dopo l’uccisione del giovane attivista dell’Usb. 
Dopo l’incendio del 27 gennaio scorso che distrusse 200 baracche e in cui morì carbonizzata una donna, Becky Moses, la Prefettura ha allestito una nuova e più confortevole tendopoli, dotata di mensa, alloggi e docce, ma ancora centinaia di migranti vivono nella vecchia baraccopoli in condizioni di estremo degrado. Molte le analogie con la situazione che diede vita alla “rivolta di Rosarno” nel 2010. Anche allora il cerino che accese la miccia un atto di violenza ai danni degli immigrati: due di loro furono presi a sprangate, e altri due furono vittime di una sparatoria a Laureana di Borrello. Un centinaio di immigrati manifesta stamane fuori dalla tendopoli, esponendo uno striscione di cartone con la foto del giovane migrante ucciso sabato nel tardo pomeriggio.

«BASTA TENDOPOLI» «Vogliamo un incontro con il ministro del lavoro, con il Prefetto, i sindaci del territorio, la Regione per avviare insieme un progetto di accoglienza che superi le tendopoli e favorisca gli insediamenti abitativi». Questa la richiesta della delegazione dei migranti e dei sindacalisti dell’Ubs al sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi, e al questore vicario della Questura di Reggio Calabria Gaetano Cravana che hanno incontrato una delegazione del gruppo di migranti che dalla tendopoli si è spostata a San Ferdinando.
I rappresentanti delle istituzioni hanno assicurato la massima trasparenza sulle indagini in corso finalizzate all’individuazione di colui che ha ucciso il migrante maliano. «Capiamo il vostro dolore – hanno detto Tripodi e Caravagna alla delegazione di migranti – e vi assicuriamo che le indagini saranno trasparenti qualunque sia la motivazione per la quale l’autore dell’omicidio abbia sparato. Ma non è con altra violenza che risolviamo i problemi. Veicoleremo le vostre richieste al Prefetto di Reggio Calabria e vi assicuriamo che tutte le decisioni sulla tendopoli verranno condivise». L’incontro tra la delegazione dei migranti, il sindaco di San Ferdinando e il questore vicario si è svolto nella sala consiliare del Comune di San Ferdinando.

 


DON DE MASI: «SERVE UNA SVOLTA SUI DIRITTI»
 «La morte assurda e violenta di Soumaila Sacko ci rende da una parte vogliosi di verità e giustizia ma dall’altra non può non provocare dentro ognuno di noi una riflessione sulle ragioni del dramma, sulla sua origine, sulle dimensioni di un fenomeno che coinvolge il nostro Paese ma anche il nostro territorio». È quanto afferma, in una nota, don Pino Demasi, parroco del Duomo di Polistena e referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro. «Le forme stanziali così massicce – prosegue il sacerdote – dei migranti nell’area industriale di Gioia Tauro-Rosarno-San Ferdinando impongono ormai scelte di coraggiosa umanità e di rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo». Vanno trovate «forme diverse di accoglienza e integrazione, che azzerino lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che superino il dramma delle baracche e dell’emarginazione. Responsabilità che devono partire a cominciare dalle più alte cariche dello Stato fino all’ultimo dei sindaci della Piana. Ci sono ragioni umane e sociali che impongono una svolta prima che sia troppo tardi. Prima che dilaghino forme di contrapposizione che rischiano di impoverire sempre più il dialogo e le possibili soluzioni».
«In questi anni – ha ricordato don Pino Demasi – sono stati veramente enormi gli sforzi dei vari Prefetti di Reggio Calabria e in modo particolare dell’attuale Michele di Bari, delle forze dell’ordine e di tantissimi volontari singoli ed organizzati che non hanno voluto girarsi dall’altra parte. Il loro impegno, però, non basta, anche perché ritengo che non si può liquidare il fenomeno solo sul piano dell’ordine pubblico». 
«Verità e giustizia per Sacko – sottolinea ancora don Demasi – significa soprattutto cominciare ad occuparsi di questa realtà della Piana senza aspettare di commentare il prossimo fatto tragico. Temi che spero non diventino solo occasioni virtuali di confronto social, ma consapevolezza concreta di impegno e di responsabilità da parte di tutti. Non si può demandare sempre altri ciò che spetta ad ognuno di noi, fratelli tra fratelli e figlio di un unico Dio».

(FONTE CORRIERE DELLA CALABRIA)

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