Gio. Apr 18th, 2024

Pino Scriva in deposizione fa riferimento a ex Procuratore Palmi

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“Lascialo stare, non fare quel nome”. Quel nome è Rocco Filippone, boss della ‘ndrangheta di Melicucco, nella Piana di Gioia Tauro, in atto sotto processo a Reggio Calabria per le accuse che gli vengono contestate dalla Dda reggina nel processo “‘Ndrangheta stragista” in relazione al progetto varato dall’organizzazione criminale calabrese insieme a Cosa nostra di colpire gli apparati dello Stato, ed in particolare i carabinieri, come nel caso di Antonino Fava e Giuseppe Garofalo, i due militari assassinati sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, nei pressi dello svincolo di Scilla, mentre effettuavano un servizio di pattuglia. A chiedere a Scriva di non fare il nome di Filippone sarebbe stato l’ex procuratore della Repubblica di Palmi Giuseppe Tuccio, attualmente imputato nel troncone del processo ‘Gotha’ che si sta svolgendo con rito ordinario sulla masso-ndrangheta reggina, che lo interrogò nella caserma dei carabinieri di Tropea a metà degli anni ’80. “Quella richiesta – ha detto Scriva – mi fece capire che Rocco Filippone era intoccabile”. Pino Scriva ha anche confermato al Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, il ruolo importante di Rocco Filippone, uomo vicino ai Piromalli di Gioia Tauro, per i quali svolgeva la funzione di raccordo con le altre cosche per questioni criminali particolarmente delicate. “Ho conosciuto Filippone – ha detto Scriva – in occasione dell’omicidio di Mico Cunzolo, al tempo capobastone di Rosarno, ucciso da mio cugino Rocco Scriva per motivi di supremazia mafiosa. Su indicazione di mio padre, condussi mio cugino proprio da Filippone, in una masseria di Anoia di sua proprietà, vicino Melicucco, un luogo dove spesso venivano nascosti personaggi di un certo spessore della ndrangheta”. Sui rapporti con Cosa nostra, Scriva ha detto che “erano buoni, ma noi eravamo un’altra cosa, almeno fino all’inizio degli anni ’80”.

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