“Il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è uno dei principali e più remunerativi business criminali”: lo sottolinea la Relazione semestrale della Dia, spiegando che su questo terreno le organizzazioni criminali straniere e quelle italiane si incontrano e formano alleanze. “Lo scenario criminale nazionale continua ad
essere segnato da una interazione tra i sodalizi italiani e quelli di matrice straniera, assumendo connotazioni particolari a seconda dell’area geografica in cui tali sinergie vengono a realizzarsi”, si legge nella Relazione, che spiega: “Nelle regioni del sud Italia i gruppi stranieri agiscono, tendenzialmente, con l’assenso delle organizzazioni mafiose autoctone mentre, nelle restanti regioni, tendono a ritagliarsi spazi di autonomia operativa, che sfociano anche in forme di collaborazione su piani quasi paritetici”. E “in tale contesto, il traffico di stupefacenti, quello delle armi, i reati concernenti l’immigrazione clandestina e la tratta di persone da avviare alla prostituzione e al lavoro nero (anche attraverso il “caporalato”), la contraffazione, i reati contro il patrimonio e i furti di rame, sono solo alcuni dei settori dell’illecito maggiormente rappresentativi dell’operatività della criminalità straniera in Italia”. Ma – avverte la Dia – “accanto al narcotraffico ed alla contraffazione su scala mondiale, gestiti da ramificate holding malavitose transnazionali, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con tutta la sua scia di reati satellite, per le proporzioni raggiunte e grazie ad uno scacchiere geo-politico in continua evoluzione, è uno dei principali e più remunerativi business criminali”.
Dal 2010 al 2017 i Comuni calabresi sciolti per infiltrazioni mafiose (49) rappresentano il 52% del totale (94), mentre quelli campani (18) e siciliani (18) si attestano entrambi al 19%. Lo si legge nella relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia (Dia). Sono stati cinque i comuni sciolti per mafia nel 2010, cinque anche nel 2011, 23 nel 2012, 15 nel 2013, 10 nel 2014, sette nel 2015, otto nel 2016 e 21 nel 2017. Le 55 denunce per “scambio elettorale politico-mafioso” registrate nel 2017 “testimoniano il permanere di un pericolo latente nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, che nel prossimo futuro potrebbe tradursi in nuovi casi di scioglimento di enti locali”. Più diffusamente, “la Campania fa registrare il picco massimo di denunciati/arrestati per Comune sciolto, con un valore prossimo al 5. La Calabria presenta un importante scostamento rispetto all’andamento medio nazionale, dal momento che vede i denunciati/arrestati ex art. 416 ter c.p. in numero proporzionalmente maggiore rispetto a quello degli scioglimenti comunali, con un valore di 0,6 e quindi inferiore all’unità. Il Lazio è anch’esso segnato da uno scostamento – di segno opposto a quello della Calabria – in quanto, a fronte di 14 soggetti denunciati/arrestati ex art. 416 ter c.p., non presenta comuni sciolti”. “Alla luce della media nazionale, gli scostamenti registrati sulla Calabria e sul Lazio potrebbero risultare indicativi di condotte criminali latenti. Nel primo caso, la presenza di un numero più elevato di Comuni sciolti rispetto ai denunciati ex art. 416 ter c.p., potrebbe essere sintomatico della presenza di soggetti ancora da assicurare alla Giustizia, che si sono adoperati per uno ‘scambio elettorale politico-mafioso’. Al contrario, per il Lazio, il numero elevato di soggetti denunciati ex art. 416 ter c.p. rispetto alla mancanza di comuni sciolti, potrebbe prefigurare casi di attività amministrative condizionate dalla criminalità organizzata ancora da accertare giudiziariamente”.
Per quanto cosa nostra, dopo la morte di Salvatore Riina, stia attraversando una fase di riassetto degli equilibri interni, è ragionevole ipotizzare che un organismo collegiale provvisorio, con funzioni di consultazione e raccordo strategico e costituito dai capi dei mandamenti palermitani più rappresentativi, continui ad esprimere una linea-guida nell’interesse comune, specie se volta a regolare le scelte affaristico-imprenditoriali”. E’ quanto scrive la Direzione Investigativa Antimafia nella relazione semestrale al Parlamento. Dopo aver rilevato come la ‘stidda’ “pur rivestendo rispetto a cosa nostra un ruolo di secondo piano, continui a mantenere posizioni di rilievo nel contesto provinciale”, la Dia rileva come le varie frange provinciali di Cosa nostra “ma soprattutto quella trapanese, agiscono in sostanziale sinergia con le famiglie palermitane, con una tale comunione di obiettivi da ricondurle quasi sotto un’unica realta’ criminale. Il latitante Matteo Messina Denaro continua ad essere il principale ricercato di cosa nostra e ultimo boss dei ‘corleonesi’ da catturare”.