Ven. Apr 19th, 2024

“La Stampa” segnala tra le strutture sotto analisi il Cannavino, a Celico, e il Petrace, a Gioia Tauro. L’allarme del M5S sul primo, sul secondo una manutenzione straordinaria tra il 2016 e il 2017

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 La Stampa pubblica oggi un’infografica che riepiloga i ponti a rischio in Italia dopo il crollo del ponte Morandi sul viadotto Polcevera a Genova e gli altri precedenti: il Viadotto Himera sull’A19 in Sicilia nel 2015; il cavalcavia sulla Milano-Meda nel 2016; nel 2017, il ponte sull’A14 ad Ancona e il viadotto della tangenziale di Fossano. In tutti i casi si parla di infrastrutture stradali costruite tra il 1955 e il 1980, con caratteristiche e tecnologie simili: ponti in calcestruzzo armato che a parere dell’Istituto di Tecnologia delle Costruzioni del Cnr «hanno superato, oggi, la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti». Per rimetterli a posto, e sostituirli con nuove opere più moderne, che possono durare almeno cento anni, servirebbero decine di miliardi di euro. Ma prima c’è il problema delle competenze (e non è trascurabile neppure quello dei fondi, che mancano): 1,3 milioni di chilometri di strade italiane è di competenza dei comuni, 155mila chilometri sono delle Regioni.
Nell’infografica pubblicata dal quotidiano piemontese si segnalano anche due “osservati speciali” in Calabria: il Ponte «Cannavino», sulla SS 107, e il Ponte Petrace sulla SS 18 tra Gioia Tauro e Palmi.

 

L’Anas, la società pubblica da poco entrata (e forse presto uscita) nel gruppo Fs, governa 25.500 chilometri di strade, e il 90 per cento dei 24.241 chilometri di strade statali. Infine ci sono 7.123 chilometri di autostrade, con 686 gallerie e 1608 tra ponti e viadotti, la cui responsabilità e manutenzione è affidata ai concessionari. Ognuno di questi soggetti dovrebbe pensare a manutenere e vigilare sullo stato di strade, ponti, viadotti e cavalcavia. Ma è tutto in ordine sparso, se e quando ci sono i soldi, o li si vuole spendere nel caso dei privati.
«Non sempre le denunce di cittadini e amministrazioni locali, che parlano di piloni e strutture ammalorate, rugginose e con crepe, mettono in evidenza situazioni di vero pericolo – scrive la stampa – per la tenuta strutturale delle opere. Ma in molti casi gli allarmi sembrano fondati».

L’ULTIMO APPELLO SUL CANNAVINO A proposito di allarmi, l’ultimo lanciato sul ponte di Celico risale allo scorso luglio. Su impulso dei consiglieri comunali M5S di Celico, i deputati Alessandro Melicchio, Paolo Parentela ed Elisabetta Barbuto (della commissione Trasporti) hanno scritto al presidente dell’Anas, Ennio Cascetta, in merito al viadotto Cannavino chiedendo «di intervenire con misure immediate, di controllare la corretta esecuzione dei lavori previsti nei bandi di gara, di accelerare gli interventi già previsti e dare un preciso cronoprogramma ai lavori non ancora effettuati».
Il viadotto è stato chiuso al traffico ad aprile 2017, per lavori di manutenzione straordinaria costati 768mila euro. Prevista per giugno 2017, la riapertura della circolazione stradale è avvenuta soltanto nel successivo ottobre, con pesanti inconvenienti per gli automobilisti. Dopo questi lavori sono stati progettati interventi per il miglioramento sismico del viadotto, con avvio del cantiere in programma per la seconda metà del 2018. «Tuttavia – scrivevano i 5stelle – già nello scorso dicembre è stato necessario il rifacimento del manto stradale del viadotto e nel mese passato sono stati previsti, date le pessime condizioni dell’asfalto, ulteriori lavori di pavimentazione da concludersi il 15 giugno». I lavori si sono successivamente conclusi il 15 luglio.

L’INTERVENTO SUL PETRACE Il ponte Petrace, invece, è stato interessato da un progetto di manutenzione straordinaria qualche anno fa, incentrata sul risanamento corticale delle porzioni strutturali degradate. Il progetto è stato finanziato nell’ambito del programma di interventi inseriti nel Decreto legge “Sblocca Italia”, redatto nel 2015 e appaltato nel 2016. È il sito “Strade&Autostrade” a raccontare quei lavori, concludendo che si tratta di «una dimostrazione significativa di come la manutenzione straordinaria programmata sia la chiave essenziale per prolungare la vita utile in esercizio delle opere d’arte (…). Può concludersi che il significativo ammaloramento registrato sia visivamente che strumentalmente è stato sanificato mediante un esteso intervento appositamente studiato per il contingente degrado constatato». I lavori, costati oltre 2 milioni di euro, sono stati appaltati dall’Anas e ultimati il 22 maggio 2017.

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