Ven. Apr 19th, 2024

La «famiglia» organizza una messa in suffragio del capo cosca nel primo anniversario della morte. E lancia un messaggio che gli inquirenti ritengono importante: «Il clan vuole riaffermare la sua esistenza»

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Hanno aspettato un anno, ma non si sono rassegnati. Un boss del suo calibro non poteva andar via in silenzio, salutato solo dai parenti più stretti. Per questo, filtra da ambienti investigativi, «non potevano far altro che aspettare e poi organizzare una cosa del genere». A un anno dalla morte del boss Pasquale Libri, la famiglia ha organizzato una messa in suffragio. E ha invitato tutti. Da Archi a Reggio sud, l’intera città è stata tappezzata di manifesti che indicano ora, luogo e chiesa.
«La famiglia – dice un investigatore di lungo corso – ha deciso di aggirare il divieto di pubblici funerali disposto l’anno scorso dal questore Raffaele Grassi, posticipando di 365 giorni il pubblico omaggio al “custode delle regole”». Ma forse non solo. Perché sul manifesto, insieme a precise indicazioni su luogo e orario della funzione, compare anche un messaggio, che fonti investigative definiscono estremamente significativo. «Passa il tempo ma nulla cancella il grande vuoto che hai lasciato. Aiuta tu dal cielo chi nel tuo ricordo vive», si legge nel manifesto, firmato «la tua famiglia».
Parole che potrebbero non essere di semplice cordoglio. Orfana di reggente, quel Filippo Chirico già da tempo finito dietro le sbarre, e di recente colpita da un’operazione che ne ha pesantemente sfoltito i ranghi, con quel manifesto – sostengono gli inquirenti – la cosca Libri «potrebbe avere anche voluto lanciare un messaggio per affermare che il clan resiste e continua ad operare nel solco tracciato dal boss».
Prima della morte mandato ai domiciliari per motivi di salute, Libri fino al momento della dipartita ha continuato a determinare le strategie del clan. «Tutte cose passano da Pasquale», non si stancava di ripetere fino a pochi mesi prima della morte di Libri, il reggente del clan, intercettato dagli investigatori. E nessuno osava contraddirlo al riguardo. Anche perché Pasquale Libri era uno dei patriarchi delle ‘ndrine reggine. Dal fratello Mico, incoronato “custode delle regole” nel quadro dei nuovi assetti scaturiti dalla seconda guerra di ‘ndrangheta ed espressione del direttorio di clan che in base a quegli assetti governa la città, Pasquale aveva ereditato, secondo i magistrati, titoli e funzioni. Una posizione di peso per il clan schierato con i De Stefano fin dalla guerra con Mico Tripodi che ha forgiato la ‘ndrangheta nuova, ma dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti, sospettato di aver messo la firma sulla “tragedia” – l’autobomba che ha quasi ucciso Nino Imerti e di cui i De Stefano sono stati indicati come responsabili –, che ha segnato l’inizio del secondo grande conflitto della ‘ndrangheta reggina.
Sospetti che tuttavia non sembrano aver inciso sul ruolo e sugli affari del clan, che sull’edilizia e sugli appalti pubblici ha costruito un impero.

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