Gio. Mar 28th, 2024

Sta meglio, e ha incontrato la sorella, la bambina di Qualiano salvata dal Soccorso alpino e ricoverata al Policlinico Gemelli. Il racconto del volontario che l’ha trovata nel torrente e dell’abbraccio diventato simbolo di speranza nella tragedia del Raganello

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Chiara sta meglio. È sveglia, respira autonomamente e continua a migliorare la bambina salvata dal Soccorso alpino e ricoverata al Policlinico Gemelli di Roma dopo essere stata travolta dalla piena del torrente Raganello in Calabria. Oggi ha potuto incontrare la sorella che, con gli altri familiari, vengono seguiti dall’equipe di psicologi della Fondazione Gemelli. I genitori della piccola sono morti investiti dall’onda di piena, ieri si sono tenuti i funerali a Qualiano, Napoli. La bimba resta ricoverata presso la Terapia intensiva pediatrica e trauma center pediatrico del Gemelli.

 

IL VOLONTARIO CHE L’HA SOCCORSA Intanto il Tg2 ha raccolto la testimonianza del volontario che per primo ha soccorso la piccola Chiara. Parole toccanti quelle di Paolo. La furia del torrente si era scatenata qualche ora prima; nel pomeriggio i volontari erano lontani dal punto del flash flood. A tre chilometri di distanza dal ponte del Diavolo, dove il letto del fiume si fa più ampio, Paolo vede «qualcosa che si muove». Si avvicina e prende in braccio la piccola Chiara, le libera il naso e la bocca dal fango. Fosse arrivato qualche minuto dopo chissà come sarebbe andata. «Era in ipotermia, aveva preso una bella botta al ginocchio. La prima cosa che mi ha chiesto è stato “papà… mamma”. Io non sapevo nulla, le ho detto: “Stai tranquilla, sono al sicuro”». Invece i due genitori di Chiara sono morti nella piena assassina. «Continuavo ad abbracciarla – racconta ancora Paolo davanti alle telecamere della Rai – perché capivo che aveva bisogno di me, ero caldo e lei questa cosa l’ha sentita». Poi l’arrivo dell’elicottero del 118, con quell’abbraccio prolungato tra Chiara e Paolo che è diventato simbolo della speranza in una giornata tragica. «Non mi voleva lasciare, l’ho presa in braccio e l’abbiamo portata sull’elicottero. Lì ha continuato a non lasciarmi, tant’è che le ho dovuto staccare le mani con la forza anche perché a quel punto era in mani strasicure».

 
 

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