Gio. Apr 18th, 2024

La mia permanenza nell’ospedale di Locri dal 31 luglio al 2 settembre 2018.

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Mi chiamo Giovanna Trombetta, nativa di Isola del Liri, emigrata in America a 20 anni, dove ho lavorato  per 35 anni;  in fase di pensionamento ho deciso di rientrare in Italia, a Gioiosa Jonica, paese natio di mio marito Vincenzo Giuseppe Paganica. Da dieci anni abbiamo comprato casa e viviamo nella Frazione S. Antonio di Gioiosa Jonica.

Giorno 31 luglio, su consiglio del mio medico curante,  sono stata portata di urgenza al pronto soccorso dell’Ospedale di Locri in quanto mi sentivo sfiinita, priva di forze, sentivo dolori al petto, avevo problemi renali, la pressione era 250/130 e non riuscivo a respirare.

Mi hanno messo subito sotto controllo, non ricordo molto di quei momenti perché ero fuori di me e respiravo a fatica.Fanno di tutto per risolvere il problema.

Non so se sono stata al punto giusto e al momento giusto,ma sembrava che tutti i dottori che mi servivano per il mio problema erano presenti.

Il giorno dopo ho incominciato a stare meglio. Ma c’era un caos indescrivibile. C’era tanta gente al pronto soccorso. Tutti strillavano, gli ascensori non funzionavano, nessun malato poteva essere accudito a dovere perché mancavano le materie prime.

Intanto io avevo i polmoni pieni d’acqua. Mi è stata fatta una trasfusione (emoglobina valore 6) e la dialisi. Mi hanno tolto cinque litri di acqua (poi più in avanti altri 15 litri di acqua).

Nel pronto soccorso le dottoresse cercavano di spiegare, ma nessuno capiva niente perché parlavano uno sopra l’altro. Sono arrivati anche i carabinieri  siccome una nipote rischiava di perdere lo zio dato che non potevano portarlo in cardiologia, proprio per mancanza di funzionamento degli ascensori.

Uno aveva la gamba rotta e non gli potevano fare i raggi e portalo nel reparto ortopedico, che forse non era nemmeno operativo.

Io ho dovuto passare una notte sulla barella del pronto soccorso in questa confusione,senza potere riposare..

Il giorno dopo ancora l’ascensore non funzionava e quindi non mi potevano trasferite nel reparto medicina al quarto piano, dove ero stata assegnata.

Chiamai il dottore e gli dissi che non ne potevo più, che sarei salita a piedi pur di avere un letto.

Il dottore mi ha capito, ma ero molto debole e non sapevo se c’è l’avrei fatta, ma con l’aiuto di mio marito e di altri tre amici, salendo le scale lentamente siamo arrivati al quarto piano nel reparto medicina generale.

Non è stato facile nelle condizioni gravissime in cui mi trovavo.

,dover subire questi trattamenti non sono ideali.

Chi mantiene questo ospedale in piedi  non sono i muri di cemento che stanno cascando a pezzi ,ma quei pochi dottori ed infermieri che ce la mettono tutto per fare il possibile con quel poco che hanno a disposizione.

Ma per amore della verità devo pure dire che ci sono degli infermieri che hanno comportamenti non adeguati, svogliati, stanchi sin dall’arrivo e pure qualcuno professionalmente non adeguato. A me in questo reparto medicina mi si presenta un (credo) infermiere, alto uno e ottanta che trascina i piedi con scarpe della sanità sporche dalla campagna. Non so quante volte mi ha punto con la siringa per trovarmi una vena senza successo. Intanto il mio sangue era da per tutto e il mio braccio era completamente nero,gonfio e lui visto ciò ha cominciato con l’altro braccio. Mi sono ribellata e lui mi ha detto di stare calma che la colpa era la mia se non riusciva a trovare la vena.

Sinceramente ho richiesto qualcuno che avesse più esperienza , ma non c’era nessuno. Finalmente ha trovato una vena e il mio calvario era finito, ma mi ha lasciata con i lenzuoli pieni di sangue, il pavimento sporco e d’allora non l’ho visto più (meno male).

Ero sfinita,ma almeno avevo un letto. Passando la notte più tranquilla il giorno dopo ricomincia l’inferno a motivo di una pazienta malata di mente che strillava tutto il giorno impedendo a tutti i malati del reparto di riposare.

Purtroppo nel mese di agosto a nostra disposizione c’era solo un infermiera, gli ascensori ancora non erano operativi e perciò tutti si lamentavano. Non c’era rispetto, fumavano nella stanza (non capisco perché in una struttura sanitaria non si rispetta il “non fumare”) essendo allergica al fumo ho cominciato a tossire e a respirare male.

Devo dare credito a quell’ infermiera che accudiva tutti e 15 pazienti da sola,  sotto insulti, invece le dovrebbero dare una medaglia d’oro per la sua pazienza, ,bontà e amore verso il suo lavoro.

Ogni giorno che seguiva era sempre peggio, quasi più del pronto soccorso (in quanto a confusione), quando finalmente hanno capito che il mio problema era anche il cuore.

Sono stata trasferita al quinto piano cardiologia e stavolta con l’ascensore finalmente funzionante.

Arrivata nel reparto si è presentato a me tutt’altro scenario,cioè gli infermieri più professionali e seri nel lavoro, il primario  mi ha fatto la prima visita e da subito ha capito il problema,dandomi le giuste medicine e cure per risolvere ciò che avevo.

Il piano era controllato,non erano ammesse persone al di fuori dagli orari da visita.

Mi hanno salvato la vita, questo è certo ! Ed io voglio rendere questa mia testimonianza e  ringraziare tutti (reparto cardiologia e nefrologia in particolare) per aver avuto pazienza con me, mettendomi in sesto per poter tornare a casa,con queste mie dichiarazioni voglio dire che se si assumono le giuste persone i reparti funzionerebbero tutti ,nessuno escluso,quindi l’ospedale di Locri non è tutto negativo.

 

                                              Articolo di:

                                             Giovanna Trombetta Cordiali

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