Ven. Mar 29th, 2024

Film del regista con Valeria Bruni Tedeschi e Marcello Fonte. Un racconto tra attualità e epica

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Da una parte San Luca, dall’altra Locri in un Aspromonte isolato per posizione geografica prima che per altro. Mimmo Calopresti, calabrese di Polistena, sta facendo gli ultimi sopralluoghi per cominciare il 22 ottobre il nuovo film “Ad Africo”, «una storia epica di questi luoghi, ambientata negli anni 50 ma che straordinariamente parla anche di oggi», racconta in un’intervista all’Ansa. Valeria Bruni Tedeschi, Marcello Fonte, Fabrizio Gifuni sono i protagonisti del film prodotto da Lucisano Group. «C’è la battaglia di un popolo, quello di questo borgo lontano dal mare e da tutto, che vuole una strada e una scuola per aprirsi, contaminarsi, accrescersi. È ispirata al romanzo “In Aspromonte” scritto da Pietro Ciriaco ma più la leggo più mi sembra che racconti qualcosa che vale anche oggi. Mentre cerco i luoghi per le riprese e visito borghi abbandonati come Ferro Lucano, penso all’esperienza incredibile di Riace, che al di là dell’inchiesta su Mimmo Lucano, è secondo me e non solo per me – prosegue Calopresti, ambasciatore della Calabria 2018 – un patrimonio per l’umanità: un posto che riesce a rigenerarsi a riprendere vita grazie alla presenza dei migranti. In questi giorni qui tra le montagne in tanti mi hanno detto che ne avrebbero bisogno, fosse anche per aprire una scuola visto che non ci sono abbastanza bambini».
Valeria Bruni Tedeschi che torna a girare con Calopresti dopo La Seconda Volta, La parola amore esiste, La felicità non costa niente, L’abbuffata, interpreta la maestra di Africo alla testa di una battaglia epica per questo posto. Marcello Fonte (Dogman di Matteo Garrone, film italiano designato alla selezione per l’Oscar straniero) è «il poeta del paese, uno che sogna in grande, capace di guardare oltre più degli altri», spiega Calopresti, “folgorato” da Fonte a Cannes. Il piccolo grande attore, ultimo di cinque fratelli, un’infanzia di povertà ad Archi, periferia nord di Reggio Calabria, sul palco del festival disse: «Sono cresciuto in una baracca in una discarica e quando pioveva chiudevo gli occhi e immaginavo che il rumore della pioggia fossero applausi». Fonte è quel ponte di verità che collega tutta la filmografia di Calopresti in bilico tra la fiction e la passione documentarista. «Cercare i nostri padri, le origini – dice Calopresti spiegando la scelta degli anni 50 – non è nostalgia ma ripensare a dove ora stiamo andando, dimenticando spesso quello che siamo stati, ossia poveri, in cerca di migliorare altrove le nostre condizioni di vita. Dove stiamo andando? È una domanda – conclude – che tutte le generazioni si sono fatte e che anche oggi cerca prepotentemente risposte per dare un senso alla nostra epoca».

 
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