Sab. Apr 20th, 2024

Il gup rinvia a giudizio tutti i presunti componenti della banda calabro-pugliese che ha messo a segno il “colpo” alla Sicurtransport di Catanzaro. Le cosche crotonesi avrebbero dato il loro placet In cambio di una parte del bottino da 8,5 milioni di euro

Continua dopo la pubblicità...


IonicaClima
amaCalabria
Calura
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
stylearredamentiNEW
E120917A-0A80-457A-9EEE-035CEFEE319A
FEDERICOPUBB
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

Inizierà il prossimo 21 gennaio il processo a carico di 12 persone accusate di avere rapinato il caveau della Sicurtransport di località Caraffa di Catanzaro a dicembre 2016, portando via un bottino di circa 8,5 milioni di euro. La banda – composta da catanzaresi coadiuvati da esperti rapinatori pugliesi – è stata arrestata il 20 aprile 2018 grazie all’operazione “Keleos”, condotta dagli agenti della Squadra mobile di Catanzaro coordinati dalla Dda del capoluogo. Armati di fucile – tra cui kalashnikov – i rapinatori hanno sfondato la parete di recinzione e poi il muro blindato del caveau grazie a una grossa macchina cingolata dotata di martello pneumatico, usando anche strumenti per schermare i luoghi dalle onde radio e facendo irruzione nel deposito tanto da costringere il personale di turno a rifugiarsi in una stanza appartata dell’edificio.
Il colpo sarebbe stato ideato da Giovanni Passalacqua, di Catanzaro, che avrebbe anche procurato attrezzature, tenuto il rapporto con i basisti e assicurato il trasporto dei rapinatori fuori regione. Alessandro Morra, di Cerignola, avrebbe organizzato e pianificato l’assalto. Carmine Fratepietro, Mario Mancino, di Cerignola, Matteo Ladogana, di Cerignola, e Pasquale Pazienza, di Bitonto, per l’accusa sono la manovalanza che ha partecipato ai sopralluoghi e alle fasi esecutive dell’azione.
Dante Mannolo, di Cutro, avrebbe assicurato l’appoggio logistico per consentire ai rapinatori di soggiornare a Catanzaro e li avrebbe fatti spostare su automezzi commerciali per eludere i controlli della polizia, oltre a custodire parte della refurtiva destinata ai calabresi.
Massimiliano Tassone, di Pavia ma residente a Catanzaro, secondo l’accusa è l’infiltrato, responsabile della Sicurtransport nella provincia di Catanzaro che riferiva notizie riservate alla banda per consentire l’accesso nei locali del caveau. Cesare Ammirato, di Catanzaro, avrebbe fatto da tramite nei rapporti tra Tassone e Passalacqua mettendo anche a disposizione i locali dove ricoverare i mezzi da usare nella rapina.
Nilo Urso, di Rossano, avrebbe procurato il mezzo dotato di martello pneumatico.
Leonardo Passalacqua avrebbe invece procurato le auto rubate da usare durante il colpo da incendiare e posizionare nelle vie d’accesso alla strada che conduceva alla Sicurtransport.
Annamaria Cerminara, collaboratrice di giustizia, di Catanzaro, compagna di Passalacqua avrebbe aiutato le operazioni cucinando per la banda e facendo anche da scorta – mediante staffetta – per il rientro dei rapinatori pugliesi. Per tutti il gup Claudio Paris ha disposto il rinvio a giudizio.

L’AGGRAVANTE MAFIOSA Ancora una volta, com’è già accaduto con le operazioni Kyterion e Jonny, un’indagine dimostra che il territorio di Catanzaro è sotto il controllo delle cosche crotonesi. Anche l’operazione Keleos mette in evidenza come la criminalità del capoluogo non potesse agire senza ottenere il benestare delle cosche crotonesi, ossia gli isolitani, i cutresi, i mesorachesi e i petilini. In cambio di una parte del bottino le cosche danno il loro placet al piano.
Partiti da zero indizi, i poliziotti della squadra mobile di Catanzaro si sono rivolti ai colleghi di Foggia, memori della fama dei foggiani, dei cerignolesi in particolare, nel realizzare rapine d’assalto in tutta Italia. La caccia inizia da qui, mettendo in campo una attività tecnica a tutto campo: intercettazioni telefoniche, ambientali e in carcere.

LA CUOCA SI PENTE A dare un’accelerata alle indagini, e una conferma alle risultanze investigative, è Annamaria Cerminara. Si presenta in Questura spaventata e confusa, ha paura che il compagno, Giovanni Passalacqua, voglia ucciderla perché l’accusa di avere portato via una parte del bottino. Teme per sé e per i propri familiari. È indecisa, reticente. Accanto a lei i pm Domenico Assumma, Paolo Sirleo e Debora Rizza (hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio Sirleo, Rizza, Alessandro Riello, insieme al procuratore capo Nicola Gratteri e all’aggiunto Vincenzo Luberto) la rassicurano e fanno opera di maieutica fino a che la donna decide di raccontare tutto. E Annamaria Cerminara di cose ne sa e ne può raccontare. Nel corso del processo parlerà in videoconferenza difesa dall’avvocato Emanuela Capparelli. Gli altri imputati saranno in aula accompagnati dai propri legali, tra i quali Gregorio Viscomi, Giancarlo Pittelli, Giuseppe Fonte, Nicola Carratelli, Stefano Nimpo, Aldo Casalinuovo, Alessandro Guerriero, Antonietta Caputo.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

Print Friendly, PDF & Email