Ven. Apr 19th, 2024

I registi Alice Rohrwacher e Francesco Corsi si schierano con il “Laboratorio territoriale” di Condofuri e San Lorenzo contro la cementificazione della costa jonica reggina

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L’appello comparso sul Corriere della Calabria non è passato inosservato. D’altronde, che un gruppo di cittadini, studiosi e attivisti riesca a mettersi insieme e a contrastare l’ennesimo tentativo di cementificazione di alcuni degli angoli più belli della Calabria non è cosa che a queste latitudini accade spesso. Il rischio, quando sui territori ci si schiera per salvaguardare i beni comuni e le risorse ambientali, è quello di vedersi isolati, marginalizzati, o di essere bollati come oppositori a una non meglio precisata idea di “progresso”. Difficile però usare simili espedienti con il “Laboratorio territoriale permanente” di Condofuri e San Lorenzo, che nella lotta contro la cementificazione della costa jonica reggina ha messo in campo proposte concrete elaborate con il contributo di studiosi che hanno messo la propria competenza al servizio di questa battaglia collettiva. Il risultato – con il coinvolgimento di professori universitari ed esperti come Piero Polimeni, Rosalba Petrilli, Alberto Ziparo e Giuseppe Barbaro – è stato un progetto di riqualificazione dell’area costiera di Condofuri fondato soprattutto sul restauro degli spazi dunali e la tutela della vegetazione autoctona. Un’idea, questa, già sposata dalla precedente amministrazione comunale di Condofuri e che l’attuale ha promesso di accogliere e di rilanciare. Ma la lotta contro il cemento selvaggio non è finita qui per il Laboratorio: sull’altro fronte costiero su cui è attivo il collettivo, quello di San Lorenzo, si è infatti concretizzata quella che il Laboratorio, nel suo appello dal titolo “Il lungomare La Qualunque”, ha definito «l’ennesima manifestazione dell’abbrutimento e dell’alienazione da cui il genere umano stenta a uscire», cioè «il progetto di costruzione di una volgare strada sul fronte costiero di San Lorenzo».

L’APPELLO Il Laboratorio non è solo in questa nuova battaglia: se già infatti sul caso Condofuri erano intervenuti intellettuali del calibro di Carlo Rovelli (qui la sua lettera pubblicata dal Corriere della Calabria nel luglio del 2017), oggi anche sul “lungomare La Qualunque” si registrano prese di posizione da parte di artisti, studiosi e attivisti che hanno inviato al Corriere diverse mail di sostegno all’appello degli attivisti reggini.
A cominciare dalla regista Alice Rohrwacher: «Vorrei unirmi a questo coro di protesta, conosco molto bene quella parte della Calabria ionica, in particolare tra Condofuri e San Lorenzo, luoghi che proprio grazie ai pochi scampoli selvaggi di costa mantengono intatto un potere unico. La cementificazione ossessiva del territorio va arginata, altrimenti le nuove generazioni si troveranno una terra in cui non ci sarà più memoria del selvaggio, e tutto sarà sepolto sotto un sarcofago di inciviltà. Avendo molto viaggiato ho potuto vedere con i miei occhi che quella che adesso sembra un’arretratezza, sarà presto una ricchezza: le nuove generazioni e il nuovo turismo saranno sempre più alla ricerca di natura e sempre meno di lungomari di cemento già troppo visti, tutti uguali e senza niente di originario. Dobbiamo lottare compatti per mantenere il patrimonio naturale nel suo essere imprevedibile e selvaggio, lo dobbiamo fare per i nostri figli, per i figli dei nostri figli».
A sostegno del Laboratorio anche un altro regista, Francesco Corsi: «Il primo ricordo che ho della Calabria mi riporta ai tempi delle elementari: una cartina colorata a matita con i monti e il mare sempre così vicini. Una vista sorprendente, per un toscano dell’entroterra come me. Mi parve fortunato chi poteva vivere in un luogo in cui la natura avesse da offrire così tanta bellezza. Sento però dire che a Marina di San Lorenzo ancora una volta si sceglie di dare spazio al cemento e all’asfalto, per concetto di decoro e di riqualificazione che non mi sento di condividere. Eppure basterebbe così poco, per riqualificare nel verso giusto, valorizzando (e non estirpando) quel che la natura ha da offrire e pensando ad una presenza umana che con la natura coesista e non si sostituisca ad essa. Altrove è stato possibile, penso a molte zone del Portogallo, ma gli esempi potrebbero essere numerosi altri. Perché non anche qui? Come viaggiatore e visitatore di Marina di San Lorenzo, sarei molto più attirato dall’idea di un lungomare in cui il cammino si potesse sviluppare tra dune, vegetazione e sentieri in terra battuta, piuttosto che sull’ennesimo marciapiede o sulla strada asfaltata. Credo anche di non essere il solo a pensarla così»
Secondo Domenico Ferraro, direttore editoriale di “Squilibri”, il Laboratorio «ha denunciato mali antichi della Calabria che una classe politica illuminata o, per lo meno, consapevole dei disastri combinati in anni e anni di spensierata e dissennata cementificazione ha arrecato alla nostra terra: occorre davvero un’inversione di tendenza perché si possa porre fine a tanta bruttura e far sì che le bellezze naturali e paesaggistiche della Calabria siano il centro propulsore di ogni progetto di sviluppo che tale non può dirsi se attenta ancora all’ambiente e alla natura circostante».
Lo storico Domenico Minuto aggiunge: «Il nostro territorio non soltanto è bello, ma è buono, perché ci riempie di gioia e di meraviglia, anche se noi lo maltrattiamo. Perciò – spiega Minuto rivolgendosi agli attivisti reggini – siete ancora di più ammirevoli, perché non difendete soltanto la salute degli uomini e l’equilibrio ecologico (intento già di per sé ammirevolissimo), ma vi affaticate a dire grazie a questa terra generosa, ad accarezzarla come una madre e consolarla delle cattiverie di tanti suoi figli incapaci di dialogare con lei. San Lorenzo Marina è un regalo non soltanto della natura, ma anche della storia. In esso si ergevano le fornaci che creavano i contenitori con i quali già duemila e più anni fa si esportava il vino in tutto il bacino del Mediterraneo e specialmente a Roma. Fino a qualche anno fa qualche persona solerte raccoglieva e onorava infiniti frammenti delle Keay LII (questo è il nome scientifico di quei contenitori) ma i calabresi nostri contemporanei hanno distrutto e coperto tutto, a beneficio di palazzi che ispirano soltanto inquietudine e sgomento. Forse chi ha immaginato la malaccorta strada di cui voi giustamente vi dolete si è ispirato alla non architettura che oggi incombe su San Lorenzo Marina. Ma io, anziano, sono fiducioso che voi, giovani assennati e coscienti, riuscirete a ridonare dignità ad un abitato umano che si è dimenticato degli uomini per la vigente idolatria del cemento».
Elena Gallo scrive: «Quando vidi per la prima volta il cielo sovraffollato di stelle tra San Lorenzo e Condofuri, in un luogo costiero non ancora raggiunto dalla baraonda roboante e accecante di cui solo l’uomo contemporaneo è capace su questo pianeta, traboccante di emozioni mi ricordai quando da bambina scorrazzavo per le vie della marina di Davoli, in un villaggio ancora in costruzione che a sprazzi conservava i ritagli di una campagna brulla e vicino al mare una distesa interminabile di spiaggia che ci si stancava prima di raggiungere la battigia. Allora credevo che la via lattea fosse il luogo dove abitavano le fate e le anime belle e scoppiavo di meraviglia nel guardarla; poi con la mia banda correvamo nei campi, ci arrampicavamo sugli alberi per mangiare fichi e ci rotolavamo giù dalle dune di sabbia scoprendo il mondo e le sue bellezze, e la natura con grande maestria ci insegnava i suoi segreti, ci regalava preziose occasioni per affinare le abilità del corpo e della mente, per trovare soluzioni sempre più ingegnose ai piccoli problemi di allora. Oggi il lungomare di Davoli è illuminato a giorno e sembra una via di Milano. Le stelle non si vedono più. La maggior parte dei bambini che osservo, quando non sono occupati con cellulari e playstation, giocano tra mare e ombrellone, consumano qualcosa al lido, saltano sui tappetini delle aree a loro dedicate e vanno avanti e indietro con i loro monopattini per la strada sul mare che ogni anno deve essere in parte ricostruita a causa delle mareggiate. Per questi bambini, i cui genitori scelgono per loro divertimenti sempre uguali, non c’è più differenza tra mare e città e il legame affettivo che determina il senso di appartenenza ai luoghi si instaura con le costellazioni di edifici e di strade e con tutte le brutture che produciamo instancabilmente. Come si può insegnare loro la poesia, il senso estetico e il rispetto per la natura se li priviamo dell’esperienza della bellezza sfigurando imperterriti ogni angolo di paesaggio rimasto ancora incantevole e brulicante di vita che rappresenta la più importante scuola di formazione per le future generazioni di uomini sensibili, dall’intelligenza vivace e capaci di affrontare l’attuale sfida del cambiamento climatico? Perché poi privare noi altri della possibilità di non scegliere Rimini lasciandoci alle spalle per qualche settimana i fragori e la frenesia delle città? Perché non perseguire un’alta qualità della vita attraverso la bellezza e l’amore per la natura invece di sperperare energie e risorse collettive per distruggere la specificità di ogni posto facendo diventare così tutto il mondo un reticolo di amorfe macchie metropolitane in espansione?».
A porre altri interrogativi, infine, Francesca Forgione: «Il progetto di riqualificazione della costa di Condofuri, che tante speranze ha suscitato in chi come me si sente straziata dall’infestazione di cemento sui litorali calabresi, è stato ampiamente apprezzato e considerato un modello da intellettuali e ambientalisti in tutto il territorio nazionale. Come mai su San Lorenzo non ha un effetto trainante? In quale buio abisso di insensibilità e disinformazione sono precipitati questo Bernardo Russo (sindaco di San Lorenzo, ndr) e i suoi elettori? Speriamo che il buonsenso del Laboratorio territoriale alla fine la spunti perché, anche se il sindaco di San Lorenzo non lo sa o finge di non saperlo, il futuro turistico della Calabria è compromesso da quelli che agiscono come lui, e per ogni metro di bellezza che perdiamo perdiamo anche potenziale ricchezza».

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