Ven. Apr 19th, 2024

Minniti rinuncia alla candidatura per la segreteria nazionale del Pd. «Il mio è un gesto d’amore verso il partito». Pesano le scelte di Renzi orientate alla nascita di un nuovo soggetto politico. Disorientati i sostenitori calabresi dell’ex ministro

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La riflessione, alla fine, l’ha spinto al ritiro. Marco Minniti non sarà più candidato alla segreteria nazionale del Pd. Le indiscrezioni, insistenti, delle ultime ore hanno portato a un esito per certi versi sorprendente.
La conferma del passo indietro l’ha comunicata ufficialmente l’ex ministro dell’Interno, in un’intervista rilasciata a Repubblica. «Quando ho dato la mia disponibilità alla candidatura, sulla base dell’appello di tanti sindaci e di molti militanti che mi hanno incoraggiato e che io ringrazio moltissimo  – spiega –, quella scelta poggiava su due obiettivi: unire il più possibile il nostro partito e rafforzarlo per costruire un’alternativa al governo nazionalpopulista. Resto convinto in modo irrinunciabile che il congresso ci debba consegnare una leadership forte e legittimata dalla primarie. Ho però constatato che tutto questo, con così tanti candidati, potrebbe non accadere. Il mio è un gesto d’amore verso il partito».
Minniti motiva il ritiro anche con la necessità di dare più forza al Pd: «Se noi accettassimo l’idea di eleggere un segretario non “eletto” dalle primarie allora accetteremmo anche l’idea di un partito che sia solo una confederazione di correnti. Sarebbe la prima volta che un segretario del Pd viene eletto senza la maggioranza. Questo è un gigantesco problema politico».
In molti sostengono che la possibile fuoriuscita di Renzi dal Pd, finalizzata alla costituzione di un proprio partito, abbia avuto un peso. E Minniti non conferma, ma nemmeno smentisce: «Le scissioni sono sempre un assillo – dice a Repubblica –. Sappiamo perfettamente che il Pd ha pagato un prezzo durissimo. Ha pagato un prezzo altissimo per congressi cominciati e mai finiti. Spero non ci sia alcuna scissione, sarebbe un regalo ai nazionalpopulisti».
Minniti respinge anche l’ipotesi di un suo ritiro dettato dalla paura: «La mia storia personale dimostra che ho affrontato situazioni ben più impegnative di questa. Io lo faccio solo per il Pd. So che c’è il rischio di deludere chi ha deciso di concedermi un affidamento. Ma ci sono momenti in cui bisogna assumersi delle responsabilità personali. Per troppo tempo il partito si è adagiato su uno specchio deformato in cui si chi chiedeva “che faccio io?” Un eccesso di personalizzazione. Ma il destino di un partito non può essere legato alle singole persone».
Resta da capire, adesso, quali effetti avrà il dietrofront di Minniti sul partito calabrese. Molti dirigenti di primo piano – tra cui il presidente del consiglio regionale Nicola Irto, il sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà, il deputato Antonio Viscomi e l’ex parlamentare Demetrio Battaglia – erano schierati con l’ex ministro e adesso dovranno scegliere un altro candidato su cui puntare. Il governatore Mario Oliverio e la sua area, invece, hanno già da tempo fatto la scelta di appoggiare Nicola Zingaretti.

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