Ven. Apr 19th, 2024

“Cronaca di una morte annunciata”, parafrasando il celebre romanzo di Garcia Marquez si può capire che l’ennesima tragedia avvenuta nella tendopoli di San Ferdinando, per un incendio, su cui la procura di Palmi ha aperto un fascicolo, si poteva evitare. Quella del 18enne gambiano Surraw Jaiteh, deceduto nella notte di sabato a causa di un rogo era prevedibile. Nella baraccopoli, quella nata spontaneamente, per ospitare i quasi 1000 migranti arrivati a San Ferdinando per la raccolta delle arance questa ennesima tragedia era segnata. Come quella di Backy Moses avvenuta  lo scorso gennaio. Il freddo intenso della notte, le baracche di fortuna e la voglia di scaldarsi hanno giocato uno brutto scherzo, mortale diremmo.  Jaiteh, in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, era arrivato dallo Sprar di Gioiosa Jonica, dove era ospite, per trovare degli amici residenti nella tendopoli di San Ferdinando e vi era rimasto a dormire.

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In mattinata è arrivato il fratello della vittima, Soumbu ha gli occhi gonfi e arrossati, segno delle lacrime versate per la morte del familiare. A fargli forza gli amici del fratello. Lui vive a Catania ed è arrivato in Calabria dopo avere saputo della tragedia. «Era venuto in Italia un anno fa – ha detto – la sua ambizione era studiare. E adesso non c’è più».

Nel frattempo, gli amici del 18enne gambiano, rispetto all’ipotesi dell’incendio in cui è morto il giovane hanno un’idea diversa rispetto alla casualità. «Nella notte di sabato – raccontano due di loro – due persone che vivono nel campo sono venute a cercarlo. Quando è stato chiesto loro perché, hanno risposto: “niente, niente”, e se ne sono andati. Poco dopo è scoppiato l’incendio». I loro dubbi i migranti li hanno manifestati anche alle forze dell’ordine.

In una riunione urgente del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, approntato presso il municipio di San Ferdinando il prefetto di Reggio Calabria Michele Di Bari si è impegnato ad accogliere la richiesta della famiglia sul rimpatrio della salma e al superamento della baraccopoli. Quindi lo smantellamento dell’esistente. Su questo, da tempo, sta lavorando un comitato permanente, con varie soluzioni. In particolare l’accoglienza diffusa.

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