Gio. Apr 25th, 2024
Photo Adriana Sapone/LaPresse 17-12-2018 Reggio Calabria Italy cronaca Il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio (PD) Photo Adriana Sapone/LaPresse 17-12-2018 Reggio Calabria Italy News Mario Oliverio, the President of Region Calabria (PD)

Lo showdown sulla riforma Sculco fa esplodere (ancora) le tensioni. Guccione chiede un patto di fine legislatura («o si torni alle urne»), Greco ragiona «a titolo personale» mentre Bevacqua non vuole sentirsi un «birillo»

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Forse il senso profondo della proposta di Carlo Guccione («a questo punto serve un patto di fine legislatura») va ricercato nelle parole e nei toni del capogruppo pd Sebi Romeo. Che annuncia – alle 20,39 di un lunedì che potrebbe segnare una svolta a nove mesi dalla fine della legislatura – l’accordo (un passo indietro, dopo la tentata prova muscolare di appena un’ora prima) con la minoranza sulla doppia preferenza e ne affida le chiavi al più strenuo oppositore della giunta Oliverio, Domenico Tallini, «di cui ci fidiamo». E se è vero che a Tallini viene riconosciuta un’opposizione dura ma leale, il discorso suona come una resa dopo i toni bellicosi e gli appelli a votare subito la riforma Sculco (quel «si vota qui e ora» forse era rivolto più ai colleghi di maggioranza, a pensarci bene). I numeri non ci sono e Guccione si sente «come a teatro». Dove ognuno «ha la sua parte» e questa sera «qualcuno mostrava i muscoli per votare e poi alzava la voce e chiamava a prove muscolari. E poi si scappa». La misura, per il consigliere dem, è colma: «È necessario un patto di fine legislatura – dice –, mi sono seccato di fare brutte figure. Sono stato in silenzio ma adesso basta». I decibel salgono sul “basta” e pure le soluzioni diventano più drastiche: «Si prenda atto che non ci sono più le condizioni, meglio dare la parola agli elettori perché altrimenti questo lento logoramento rischia di minare le istituzioni del consiglio e della giunta regionale, perché siamo poco credibili. Le soluzioni salomoniche come quella di oggi non ci salveranno».
Fausto Orsomarso fa sponda con una battuta: «Le minoranze sono maggioranza» e ricorda, al limite del “collaborazionismo” (si fa per dire) che «vi abbiamo tenuto banco anche nelle commissioni», per evitare che saltasse il numero legale. Tallini invece mette l’accento sulla «pari dignità politica» tra maggiorana e minoranza. Si riferisce soltanto al caso specifico ma il clima politico è quello che è. Dopo le defezioni dei consiglieri in marcia verso il movimento guidato da Raffaele Fitto (Franco Sergio, Antonio Scalzo e Giuseppe Neri, in uscita dalla maggioranza) i numeri erano già incerti. Il guaio, per Oliverio&Co, è che dalle 20,39 di lunedì siamo un passo oltre l’incertezza, perché i numeri la maggioranza pare proprio non averli più. Chiedere a Orlandino Greco, lista Oliverio presidente (giusto per raccontare il legame con il governatore). Nei suoi due interventi, oscillando tra una citazione di Voltaire e una di Flaiano (entrambe non “freschissime”), ci tiene a specificare che parla «a titolo personale». E di responsabilità personale delle scelte («non ci sono ordini di scuderia») parla anche Oliverio quando invita invano i suoi a votare per la riforma. Mentre Domenico Bevacqua fa un altro passo nella sua graduale evoluzione da consigliere super allineato e coperto a dem “problematico” e chiede ai colleghi di non costringerlo a votare no alla legge per non sentirsi un «birillo». 
Forse non siamo al rompete le righe ma il quadro (o il «teatro») potrebbe ripresentarsi a ogni buona occasione. E in qualche settore della maggioranza (?) si fa strada l’idea che governare insieme all’opposizione sia meglio. O, forse, che sia l’unica soluzione possibile per evitare il tracollo. (ppp)

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