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La Cava scrive con la consapevolezza di trovarsi di fronte ad una situazione molto complessa e decide di “denunciare” una serie di soprusi attraverso il resoconto romanzato di un avvenimento storico che ha significato molto per la Calabria e per l’Italia, una rivolta, quella avvenuta nel comune di Casignana, che ha rappresentato uno dei diversi tentativi di ribellione da parte dei contadini calabresi durante gli anni Venti del Novecento.
Si tratta di un’opera in grado di accendere ancora oggi un forte dibattito se pensiamo al tentativo di La Cava di dimostrare, attraverso questo scritto e non solo, che i contrasti sociali possono rappresentare un terreno fertile dove far germogliare e crescere il seme della tirannia. Una lezione gramsciana in piena regola, che fa della cultura l’antidoto contro ogni tipo di dittatura; proprio attraverso la diffusione di una cultura condivisa, di una coesione sociale, è possibile far emergere la vera identità di un luogo e dei suoi abitanti. Una lezione, quella di Mario La Cava, fondamentale da ricordare: l’importanza di un confronto, di un dialogo, di un ponte che unisca le persone laddove troppo spesso vengono costruite mura, affinché non ci si dimentichi mai che dove non c’è possibilità di scelta non può esserci democrazia.