Ven. Apr 19th, 2024
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Roberto Furuli racconta i rapporto tra il clan calabrese e quello romano in un interrogatorio del 2017

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C’è un collaboratore di giustizia, Roberto Furuli, originario di Laureana di Borrello (Reggio Calabria), e ritenuto attendibile dagli inquirenti, che ha raccontato ai magistrati della Dda di Roma la sua frequentazione con Christian Casamonica, 27enne finito oggi in carcere per aver estorto denaro a più riprese dal 2013 al 2014 a una famiglia cui, rispetto a un iniziale prestito di denaro, aveva imposto una restituzione con tassi del 190%. Furuli, interrogato nel settembre del 2017, aveva spiegato che «quando ancora era in Calabria, aveva sentito parlare dei Casamonica come di una famiglia di mafia, che aveva, nella capitale, lo stesso controllo del territorio che poteva avere una cosca di ‘ndrangheta in un paese della provincia di Reggio Calabria».
«Mi risulta che abbiano rapporti anche con importanti famiglia di ‘ndrangheta, fra cui i Piromalli di Gioia Tauro – aveva fatto mettere a verbale Furuli -. Io ho sempre frequentato ambienti di ‘ndrangheta e fin da piccolo, quando ero in Calabria, ho sentito dire che i Casamonica a Roma erano temuti e rispettati. Per quello che mi risulta i rapporti fra i Casamonica e i Piromalli riguardavano gli stupefacenti».
Una volta giunto a Roma, Furuli, che ha rivelato di essere stato «battezzato cristianamente dal boss Umberto Bellocco», incontrò Christian Casamonica che gli chiese come prima cosa se conoscesse Pino Piromalli. «I Casamonica a Roma sono una famiglia temuta e rispettata – ha rivelato ancora Furuli agli investigatori – non in ragione dei loro rapporti con la ‘ndrangheta ma in ragione del fatto che si fanno rispettare. A Roma il nome Casamonica incute paura a tutti, così come il nome Bellocco incute paura a Rosarno. Già prima di venire a Roma io conoscevo la fama dei Casamonica, ma non avevo capito che fossero zingari».
Poi parlando di Christian, il pentito ha spiegato: «Appartiene a una famiglia pericolosa, loro recuperano i soldi in un modo o nell’altro. Non contemplano l’ipotesi che un debitore possa non pagare. Di solito picchiano violentemente i debitori morosi».

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