Ven. Apr 19th, 2024

«Perdere la memoria è un crimine in un contesto che voglia costruire il suo futuro su premesse di libertà e democrazia»

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«Egregio signor Prefetto, compiutamente consapevole di precludermi la concreta partecipazione alla vita democratica dell’Italia in questa particolare contingenza politica, sociale ed economica,  rinuncio , insieme ai miei familiari, al mio diritto ed al mio dovere di elettrice nelle elezioni europee del prossimo 26 maggio». Inizia con queste parole la lettera che Liliana Esposito Carbone, madre di Massimiliano, il giovane ucciso a Locri nel settembre del 2004, ha inviato al prefetto di Reggio Calabria Massimo Mariani.

«Nel corso degli anni – ricorda Liliana Esposito – sin dal 2006, ai prefetti di Reggio Calabria che L’hanno preceduta, ho illustrato le mie ragioni, sempre più sfinita dallo sconforto per la verità e la giustizia che mi sono state negate. Ancora una volta, sempre con maggiore amarezza, confermo che la mia non è una protesta né una polemica, ma il mio voto è l’unico strumento di cui disponga a corrobora delle mie ripetute istanze, seppure sia ormai soltanto un’elementare e residua forma di speranza di attenzione. Mio figlio Massimiliano Carbone, 30 anni per sempre – prosegue la maestra Liliana – è un giovane che nella difficile realtà di Locri ha avuto intuizioni e progetti puliti, una grande capacità di impegno personale e un affetto ineffabile. A settembre 2004 la sua esistenza è stata fermata dalla violenza dei soliti notissimi ignoti. E mentre si disquisisce ancora sul possibile “interesse” del “più composito caso omicidiario della Locride” – così definito da criminologi, procuratori, giornalisti, ufficiali dei Carabinieri – il fratello spera di poter portare avanti la piccola attività di lavoro creata da Massimiliano nel 2003, per poter rimanere nella nostra terra».

Una lotta che continua ogni giorno per la famiglia Carbone. «Oggi a Locri, città della legalità – continua la lettera –  Massimiliano è un’immagine che si vorrebbe scordare perché ancora umilia molti uomini da poco, ed è un’assenza scomoda, anche per la pervicacia del mio ricordarlo, molto più di tante petulanti presenze. Perdere la Memoria, stravolgerla, o anche farla svanire un poco alla volta , è un crimine che non può ottenere assoluzione, in un contesto che davvero voglia costruire il suo futuro su premesse di libertà e di democrazia. E non sono soltanto le parole della mamme dei figli ammazzati a rivendicare Memoria e a chiedere Giustizia, è un bisogno della società civile, e deve essere il suo impegno».

E Liliana Esposito aggiunge: «La Memoria di mio figlio  resta ormai compito di Bellezza e di umanità  soltanto per pochissimi, oltre a noi genitori, al fratello che l’ha visto colpire da una lupara sotto casa, alla sorella che è dovuta andare lontano in cerca di lavoro . Dopo 15 anni di inefficienza investigativa , di sopportata analisi delle molteplici e pretestuose complicità innocenti e , soprattutto, dopo le inutili ed inconcludenti  definizioni di “delitto dell’omertà” e di “vicenda di convergenze” sento sacrosanto il diritto all’indignazione, e provo una grande sfiducia nelle istituzioni che non  hanno confermato sicurezza a questo territorio , facendo così che io non me ne senta rappresentata. Quando non c’è un colpevole tutti siamo responsabili, e la nostra comunità non appare  molto più evoluta rispetto a quella che Teofrasto racconta nel suo “Apologo del bue”».

«Porto a sostegno delle mie  istanze e di quelle dei miei familiari,  il  nostro dolore, NOSTRO appunto; a Lei auguro un sereno e proficuo lavoro in questa terra che ha anche bisogno di  speranza , anche se della mia speranza,  quella di cui  ho testimoniato per anni ai giovani di Calabria e d’Italia, mi sono rimaste solo le mie parole. Queste Le affido. Grazie».

r.m. (gazzetta del sud)

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