Ven. Mar 29th, 2024

Da un anno e qualche settimana mi ritrovo per ragioni di lavoro nell’alto Friuli Venezia Giulia precisamente a Tolmezzo capoluogo della rinomata Carnia con paesaggi pittoreschi tra i monti che fanno parte delle Prealpi Giulie,i suoi fiumi, i suoi laghi e il resto che rende un ambiente unico staccato da quel caos delle città metropolitane dove governano le ruote su strada viceversa da queste zone dove regna una tranquillità di altri tempi. Arrivando da Udine per l’autostrada A23 o per la strada statale nelle vicinanze di Gemona del Friuli iniziavo a osservare questi monti contornati da boscaglia con delle cime color dolomitico situati là come dei vigilanti al controllo delle valli, una su tutte si ritrova al ridosso del centro abitato di Amaro uno dei luoghi d’accesso al sentiero da dove si prosegue verso la vetta,abitando a Caneva di Tolmezzo quando mi recavo a lavoro in ospedale attraversavo il ponte che sovrasta il torrente but e da lì lo sguardo ogni volta si perdeva su quella vetta, bellissima a forma di piramide con quelle nuvole a rasentare la punta dava l’impressione che ci fosse qualcosa di “Sacro”.Quindi acquistato l’indispensabile per far fronte ai sentieri e dei tratti di ferrata cercavo più informazioni possibili per capire se ci fosse stata qualche difficoltà per arrivare in cima. Dopo aver ascoltato una mia amica Carnica Vanessa Miu che di montagna ne sa molto più di me essendo anche istruttrice di sci, attendevo soltanto una giornata più favorevole con il meteo, dato che i temporali estivi non si sono facevano attendere succedendosi di settimana in settimana. Arrivata la mattina del 15 luglio ero in dubbio se salire o no a parte il meteo che nel primo pomeriggio portava dei peggioramenti c’era la mia insicurezza nel fare l’escursione in solitaria, decisi verso le 9:30 di partire, quindi presi lo zaino e la macchina arrivato al parcheggio che si trova su gli 800 m a ridosso della montagna iniziai la mia risalita tra i vari sentieri, più salivi e più lo spettacolo diventava suggestivo, a parte lo scroscio di qualche pietra che cadeva lungo il sentiero e il richiamo di qualche rapace ti ritrovavi immerso tra bosco e roccia che bellezza!! I primi sintomi arrivavano con un leggero mal di testa e di stanchezza dovuto al’altitudine e quando mi ritrovai sulla roccia nuda a risalire con le braccia distese sul cavo d’acciaio, dopo 2 ore di cammino la cima era quasi davanti, terminando il decimo tratto di ferrata a distanza intravidi la madonnina dando un bel sospiro di sollievo, per il resto era solo sdraiarsi e ammirare tutte le montagne attorno con il lago di Cavazzo incastonato in quella valle, un esperienza da rifare almeno in compagnia.

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GIUSEPPE IERACE

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