Gio. Mar 28th, 2024
Una scia di delitti insoluti e i corpi mai ritrovati Tre omicidi ricostruiti grazie al racconto ai pentiti
Per Spagnolo e Polito il sostituto procuratore Giovanni Calamita ha invocato l’ergastolo e l’isolamento diurno
Tre casi di lupara bianca. Tre corpi che non si trovano. Una lunga scia di delitti rimasti insoluti. È questo, secondo la Procura antimafia reggina, il contesto della “Faida di Platì” nel quale sono maturati gli omicidi dei fratelli Antonio Giuseppe Trimboli (scomparso nel luglio 2001) e Rosario, ucciso insieme al parente Saverio Trimboli (nel novembre dello stesso anno). A tutt’oggi i loro corpi non sono stati ritrovati.

Per questi tre casi di lupara bianca ieri il sostituto procuratore Giovanni Calamita, della Dda reggina, ha chiesto la condanna all’ergastolo e l’isolamento diurno per 3 anni nei confronti di Antonio Spagnolo e Bruno Polito.

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Secondo l’accusa i due imputati avrebbero partecipato, a vario titolo, all’omicidio di Antonio Giuseppe Trimboli che sarebbe stato deliberato da Pasqualino Marando, a sua volta, per la Procura, vittima di lupara bianca e comunque scomparso dal 2002. Marando avrebbe disposto il delitto di Trimboli a seguito a dei contrasti sorti con gli esponenti della famiglia Trimboli inerenti alla gestione e spartizione dei proventi del traffico della droga.

Per la pubblica accusa gli imputati Spagnolo e Polito avrebbero preso parte anche al duplice omicidio degli altri due Trimboli, anche questi deliberati da Pasqualino Marando, per ribadire la sua leadership sulla cosca Trimboli e perché si era convinto che proprio i Trimboli lo avessero deliberatamente indotto in errore, accusando falsamente Ferdinando Virgara, ucciso nel gennaio 1997, di responsabilità nell’omicidio del fratello Francesco Marando rinvenuto cadavere nel maggio 1996 in una località della Val di Susa.

Le indagini hanno trovato un punto di snodo con le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia; in particolare, da ultimo, il racconto di Domenico Agresta, detto “Mc Donald”, nipote di Pasqualino Marando, che ha raccontato ai magistrati antimafia una delle più incredibili storie di ‘ndrangheta avvenuta tra la fine degli Anni Novanta e i primi del Duemila. Una versione, quella del collaboratore Agresta, valorizzata dal pm Calamita nel corso della requisitoria svolta davanti ai giudici della Corte di Assise di Locri, dove ha rilevato come il narrato del dichiarante riscontra quello reso da altri collaboratori.

Il pm ha ripercorso i tratti salienti delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto la famiglia Marando-Trimboli, i dissidi tra questi con altri gruppi in Piemonte e a Platì. Il contenuto di alcune intercettazioni di interesse investigativo gli esiti delle indagini dei Carabinieri del Ros del Comando provinciale di Reggio Calabria e dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria.

La Corte d’Assise ha già fissato le date per le conclusioni difensive, che iniziano il 2 ottobre con l’avvocato Leopoldo Marchese, quindi il 4 ottobre toccherò agli avvocati Giuseppe Iemma e Carlo Morace.

Il filone dell’abbreviato si è concluso in primo grado con 5 condanne a 30 anni di reclusione per l’omicidio Marando. 

 FONTE Rocco Muscari (gazzetta del sud)

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