Mar. Apr 16th, 2024
In contrada Russo a Taurianova l’ennesimo accampamento privo delle più elementari norme di sicurezza. E i caporali approfittano
Qui un centinaio di braccianti vive in condizioni pietose senza luce né acqua in mezzo ai rifiuti
 

Il primo arriva intorno alle 7 del mattino con il caffè per i ragazzi africani che porterà da lì a poco a lavorare nei campi vicini. Nel giro di mezz’ora ne arrivano altri, anche una coppia di anziani.

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Tutti cercano mani a poco prezzo, un ufficio per l’impiego senza obblighi contrattuali per chi deve assumere. Una vera manna per i caporali.

Benvenuti nel nuovo ghetto dei migranti della piana di Gioia Tauro. Siamo in contrada Russo, nel comune di Taurianova, dove un centinaio di immigrati vive in condizioni disumane tra un casolare diroccato e baracche di fortuna. Un campo isolato dal resto del mondo, senza luce né acqua e circondato da montagne di immondizia.

Sembra un déjà vu, un incubo del quale pensavamo di esserci liberati il 6 marzo scorso, quando le ruspe del Genio militare avevano raso al suolo la baraccopoli della vergogna nell’area industriale di San Ferdinando. Doveva essere il primo passo verso un ripensamento del sistema abitativo e di accoglienza degli stagionali africani. Nulla, però, è cambiato da allora, anzi se possibile è anche peggio.

«L’anno scorso pensavamo di avere toccato il punto più basso – dichiara Rocco Borgese, segretario della Flai-Cgil di Gioia Tauro – invece oggi è anche peggio. Abbiamo lottato con tutte le nostre forze per fare abbattere la baraccopoli perché speravamo che riuscissimo a insieme alle istituzioni a migliorare le condizioni di vita di questi ragazzi, ma nulla si è fatto in questa direzione».

Che nulla si sia fatto appare evidente quando si arriva nel nuovo ghetto. Lo leggi negli occhi dei ragazzi che popolano questo pezzo di mondo fuori dal mondo. C’è chi è già in sella per raggiungere i tanti punti di raccolta dove spera che qualcuno gli offra una giornata di lavoro. Altri gironzolano per il campo cercando rottami con cui rattoppare le loro casupole fatte di lamiere e plastica. È uno stato precedente alla sopravvivenza.

«Incontriamo tutti i giorni ragazzi in cerca di un posto dove dormire – accusa Jacob Atta, sindacalista della Flai – lo scorso anno ci avevano promesso che nel giro di pochi mesi si sarebbe risolto il problema. Siamo qui, 7 mesi dopo e nessuno dalle istituzioni ha dato risposte». E quasi si arriva a rimpiangere la baraccopoli.

Centinaia e centinaia di stagionali da qui a qualche settimana giungeranno nella Piana per l’inizio della raccolta degli agrumi. Fino allo scorso anno andavano a popolare il ghetto nell’area industriale di San Ferdinando. Lì potevano, almeno, essere controllati e aiutati. Adesso, il rischio è che questa massa di disperati si disperdano sul territorio, formando nuovi ghetti che saranno complicati da individuare e controllare.

È difficile, infatti, dimenticare i tre morti dello scorso anno nella baraccopoli, arsi vivi durante la notte. Cosa succederebbe se un incendio di quelle proporzioni dovesse scoppiare in contrada Russo, senza un presidio di vigili del fuoco nei paraggi o le forze di polizia presenti a dare l’allarme?

Il modello tendopoliormai non funziona

Il 6 marzo le ruspe del Genio militare hanno raso al suolo la baraccopoli nell’area industriale di San Ferdinando, teatro anche di alcuni tragici roghi nei quali avevano perso la vita dei giovani braccianti extracomunitari. Doveva essere, nelle intenzioni soprattuto dell’allora prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari, il primo passo verso un ripensamento del sistema abitativo e di accoglienza degli stagionali africani. Nulla, però, è cambiato da allora: gli alloggi della “discordia” a Rosarno (da assegnare ai migranti come chiede la Flai-Cgil o anche ai rosarnesi come intende fare il sindaco Idà) ancora non esistono e il modello di accoglienza diffusa con la distribuzione nei vari centri della Piana si è arenato su chi debba acquistare i moduli abitativi.

fonte gazzetta del sud

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