Ven. Apr 26th, 2024
 

Usura, estorsioni, riciclaggio e intestazione fittizia di attività finanziarie. Il tutto con l’aggravante del metodo mafioso. Per questi reati gli agenti della Squadra Mobile di Torino hanno arrestato 16 persone, tra cui diversi calabresi, e sequestrato beni e denaro per circa 3 milioni di euro a due potenti “famiglie” legate della ‘ndrangheta trapiantate da tempo in diverse aree dell’hinterland del capoluogo piemontese. Secondo gli investigatori e i magistrati della procura di Torino, i vertici dei due sodalizi criminali, originari della Locride, avrebbero utilizzato i soldi derivanti da attività di usura ed estorsioni per finanziare la ‘ndrangheta.

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L’indagine ha individuato – ma il dato è provvisorio – almeno 30 vittime di usura. Ai componenti del primo clan, capeggiato dal pluripregiudicato Vittorio Ceretta, sono contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata all’usura, truffa, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione a danno dello Stato, esercizio abusivo di attività finanziaria, intestazione fittizia di beni e riciclaggio. I componenti del secondo clan, capeggiato dal sorvegliato speciale Renato Macrì, considerato esponente della ‘ndrina degli Ursino-Scali-Macrì di Gioiosa Jonica (clan “emigrato” in Piemonte a metà degli anni ’80), dovranno rispondere per i reati di usura, estorsione, riciclaggio, intestazione fittizia di attività finanziarie, con l’aggravante del metodo mafioso.

Durante le indagini si è delineato un terzo filone, derivato dai prestiti a tasso usuraio elargiti dal pluripregiudicato Vittorio Raso – attualmente latitante e ritenuto dagli investigatori della Polizia legato alla famiglia Crea – in collaborazione con alcuni suoi familiari e con l’aiuto delle mogli di Adolfo e Aldo Cosimo Crea, tutti originari di Stilo, reclusi in regime di 41-bis.

Tutto girerebbe attorno a una società che, attraverso prestanome, costituiva altre società per accedere a prestiti e finanziamenti pubblici. Denaro che una volta ottenuto sarebbe stato utilizzato, secondo gli inquirenti, nell’attività di usura, con i guadagni destinati a finanziare il crimine organizzato. Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi, alcuni commercialisti e consulenti del lavoro. Fra le parti lese, figurerebbero anche noti istituti di credito del territorio e la Finpiemonte, finanziaria della Regione Piemonte, che a loro insaputa hanno elargito prestiti e finanziamenti alle società coinvolte. «Si tratta di un’attività economico-finanziaria che ha a che fare con l’acquisizione di una provvista di denaro che avviene attraverso la costituzione di società di capitali e l’utilizzazione di questi soldi anche per l’effettuazione di prestiti a usura e per altre operazioni che vanno dalle truffe, all’intestazione fittizia e addirittura al riciclaggio«, ha commentato Francesco Messina, direttore della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato. I tassi di usura toccavano anche il 10% mensile.

FONTE: ANTONELLO LUPIS (GAZZETA DEL SUD)

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