Regia di Matteo Scarfò
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Soggetto: Giovanni Scarfò
Sceneggiatura: Giovanni Scarfò-Nick Mancuso-Matteo Scarfò
con : Nick Mancuso, Ray Abbruzzo, Elisabetta Pozzi, John Savage
Il docufilm racconta alcuni momenti salienti e significativi della vita del poeta Gregory Corso: un personaggio dalla vita travagliata, difficile e contrastata, eppure illuminata, nel buio profondo in cui è spesso caduto, dalla Luce della sua Poesia.
Tutt’altro che poetici i natali: i genitori non erano due bohèmienne, ma due adolescenti dell’Italia meridionale(di origine calabrese il padre e abruzzese la madre) di diciassette e sedici anni, che si lasciarono sei mesi dopo la nascita del poeta.
Ma il rapporto odio-amore si sviluppa prevalentemente con il padre, al quale, in età matura, dedicherà un libro, nonostante tutto.
Negli ultimi anni della sua vita incontrerà anche la madre…
“Gregory è un ragazzino duro dei quartieri bassi che crebbe come un angelo sui tetti cantando canzoni italiane con la stessa dolcezza di Caruso e Sinatra”, ha scritto Jack Kerouac.
Ha un viso da scugnizzo, possiede l’autenticità del poeta di razza, un amore esclusivo per la parola, una smisurata capacità d’umorismo. Gli piace atteggiarsi a duro, a rozzo. E’ sempre imprevedibile, impossibile da classificare: è Burning Fantasy(Fantasia in Fiamme).
Ladro per necessità, all’età di 12 anni finisce in carcere, dove incontra anche dei mafiosi.
Negli anni ‘50, dopo una marcia degli studenti londinesi contro la bomba atomica, disturbato dal comportamento aggressivo dei pacifisti, scrive provocatoriamente la poesia Bomb, una “lettera d’amore” alla bomba atomica, per quale riceverà molte contestazioni e il rifiuto di Lawrence Ferlinghetti di pubblicarla con sua casa editrice, la “City Lights Books”.
Negli anni ‘60 approda a Parigi, che ama molto, insieme a Ginsberg e altri poeti, all’ Hotel Rachou, poi detto “Beat Hotel”, dove i topi e l’umidità sono di casa.
Conosce Jacques Prévert e Jean Genet. Conosce soprattutto Fernanda Pivano, che lo ospiterà molte volte a casa sua, a Milano, offrendogli sempre un rifugio sicuro.
Alla fine degli anni ‘70 partecipa al Festival della poesia alternativa di Castelporziano, organizzato tra gli altri da Simone Carella,
Sempre a Roma fa la conoscenza di Fabrizio Crisafulli, che lo accompagna negli incontri della capitale e poi a Catania. Verrà anche in Calabria per un incontro all’Università, dove terrà una lezione memorabile, all’insegna della leggerezza e della sua grande verve comico-ironica, così come testimoniato dal poeta e giornalista Franco Dionesalvi.
All’inizio degli anni ’90 fa ritorno a New York ma, senza un soldo. Durante una festa letteraria prende a pugni Norman Mailer, per aver parlato male di lui e della beat generation.
Scrive a Fabrizio Crisafulli per tornare a Roma, perché in Italia è benvoluto. Alla fine degli anni ’90 si ammala. Gli stanno accanto, amorevolmente, la primogenita Sheri, infermiera, e la cantante Patti Smith.
Muore nel 2001 e viene seppellito nel Cimitero degli Inglesi a Roma, accanto al suo amato Shelley. Ma… “non ditegli che è morto”
“Fare un docufilm su Gregory Corso- ha dichiarato il regista Matteo Scarfò-significa, da una parte parlare di un personaggio “profetico”; dall’altra di un uomo terreno che ha vissuto i suoi travagli interiori e materiali sempre con grande onestà intellettuale. Le conseguenze sono state una vita condotta all’insegna della Poesia, ai limiti dell’emarginazione, ma vissuta sempre attraverso un comportamento pacato e razionale, impregnata di affermazioni paradossali e di uno sguardo visionario.
Il docufilm non segue una narrazione cronologica, ma le suggestioni emotive del rapporto del Poeta con la sua Poesia.”