Mar. Apr 23rd, 2024

L’ex sindaco di Riace ha rilasciato in aula dichiarazioni spontanee. Rigettando le accuse: «Hanno cercato di far passare una eccellenza per un fatto penale»

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«Se io sono colpevole, anche lo Stato lo è». Mimmo Lucano torna a parlare al processo che lo vede imputato insieme ad altre 25 persone, tutte accusate a vario titolo di aver collaborato a quel modello di accoglienza che ha reso Riace un modello di integrazione nel mondo, ma per la Procura di Locri nascondeva un sistema criminale. Un’accusa che l’ex sindaco di Riace ha respinto al mittente fin dal giorno in cui è stato spedito ai domiciliari, poi trasformati in un lungo esilio, e che è tornato a smontare oggi in aula, dopo aver chiesto ed ottenuto di rendere dichiarazioni spontanee. «Lo Stato mi ha chiamato come sindaco per accogliere i migranti e quella richiesta ha finito per essere parte della mission del Comune». Un’amministrazione che non si è limitata – ci tiene a ribadire – «all’ordinarietà», ma ha costruito integrazione, diventando – «anche senza volerlo», specifica il sindaco – un modello «contro il razzismo, contro la discriminazione».
Un modello che in un preciso momento storico – lascia intendere l’ex sindaco di Riace – si è cercato di demolire. «Hanno cercato di far passare una eccellenza per un fatto penale» accusa. Ma – rivendica – non ci sono mai stati interessi di sorta nella costruzione di quel sistema di accoglienza, né economici, né politici.
«Avrei potuto candidarmi alle elezioni europee come capolista in tutti i collegi, ma ho rinunciato, proprio perché non nutrivo alcuna ambizione politica. Ho sempre lavorato e agito per un ideale». L’idea – afferma- era quella di costruire una democrazia partecipata dal basso, che fosse anche un’occasione di riscatto economico e sociale per un paese da sempre in lotta contro povertà e spopolamento. E di certo, costruire il “Paese dell’accoglienza”, spiega Lucano, non è stato semplice anche a causa delle criticità che i continui ritardi nel trasferimento di fondi hanno causato. Si è reagito con strumenti come i “bonus” – una sorta di ticket che permettevano ai migranti di fare acquisti nei negozi convenzionati, che il Comune saldava all’arrivo dei fondi – o costruendo il circuito di turismo solidale. Una volta fiori all’occhiello e modello da seguire, per l’accusa sistemi illegali. Ma Lucano non ci sta, rivendica quel modello cui ha fatto «da coordinatore», è convinto della correttezza del suo operato. Anche perché – sottolinea – «Per 15 anni a Riace non è successo nulla, non è morto nessuno». Nelle tendopoli istituzionali invece sì.

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