Gio. Apr 18th, 2024
di Maria Lombardo
 
E’ da molto tempo che al seguito di Viviamo la Calabria  vi porto a visitare luoghi ancestrali della nostra Regione, visitando romiti, chiese basiliane scavate nel tufo disseminate tra Vibonese e Reggino da cui si potrebbe trarre una importante via del Basilianesimo, potendo così far scoprire ai viaggiatori di Calabria posti spettacolari. Effettivamente la Calabria è costellata da grotte utilizzate come grange, romitori e cenobi che testimoniano un particolare modello di vita sociale che ebbe come protagonisti i monaci “Basiliani”.Questa volta ci troviamo per questo reportage a Zungri sul Monte Poro l’acroco Vibonese. Fin dal Medioevo era sotto la giurisdizione di Kastellion di Mesiano. Tuttavia il toponimo è chiaramente di formazione neogreca e sta a significare “roccia”, che si adatta alle caratteristiche morfologiche del luoghi nei quali, intorno all’anno mille, molti insediamenti monastici influenzarono la vita di “chorioi“ (villaggi), nuclei di intenso e produttivo lavoro rurale. Da Zungri scendiamo all’insediamento Rupestre degli Sbariati un vasto sito di elevata importanza. Il sito sembra essere frequentato per studi già dal XIV secolo avendo integrato in molti casi le strutture di case scavate nella roccia con manufatti fuori terra che contribuiscono ad arricchire, sul piano storiografico ed urbanistico/architettonico, l’insediamento rupestre del comune di Zungri. Indubbiamente rappresenta un complesso unico nel suo genere almeno nella nostra Regione. Al visitatore non superficiale, ma amante di una lettura attenta e meditata di ciò che resiste ai secoli, esse parlano di mondi lontani fatti di semplicità, ma anche di religiosità, di vita e di lavoro, oltre che di spirito comunitario molto avanzato. La visita a questa singolare forma di antico insediamento umano è una tappa obbligata e stimolante per il visitatore attento, curioso di capire come popolazioni così lontane nel tempo hanno vissuto ed organizzato il loro habitat. In primo piano l’insediamento rupestre, poi il centro storico caratterizzato da architetture semplici che ripropongono un modello sociale e di vita di una civiltà contadina, che si è evoluta nel tempo, ma che conserva suggestive espressioni di una tecnica edilizia povera ma misurata nelle proporzioni e quindi nel senso estetico del rapporto tra uomo e luogo. Ad accompagnarci alle grotte è una rigogliosa macchia mediterranea, terrazzamenti che degradano sul torrente Malopera. Il villaggio rupestre datato dagli studiosi fra il XII – XIV secolo è costituito da circa 100 case-grotta scavate nella roccia con ambienti monocellulari e bicellulari, alcuni anche a più piani. Il villaggio si articola su un costone lungo uno dei versanti del fosso Malopera ed occupa una superficie di circa 2900 mq. Il villaggio di una straordinaria bellezza costituisce il quadro di una struttura urbanistica completa: stradelle, gradinate e un sistema di approvvigionamento idrico. Le cellule abitative di forma circolare o quadrate, hanno una copertura a cupola per permettere l’aerazione. Ogni nicchia è caratterizzata da incassi nelle pareti per sistemare letti e suppellettili. Interessantissimo quindi il sito archeologico, che ci mostra e ci fa capire l’organizzazione socio – economica di popolazioni antiche. La visita all’insediamento rupestre di Zungri, ci lascia stupiti e affascinati dalla particolarità del sito e dal mistero che ogni angolo e ogni scorcio evocano, per un periodo storico del quale spesso si ignorano aspetti così particolari. Una civiltà rupestre e una natura incontaminata per riscoprire le origini e il misterioso fascino di un mondo perduto e ritrovato. Un luogo unico che testimonia le raffinate conoscenze architettoniche dei monaci. Nascono e si diffondono in oriente (Basilio vive tra il 330 e il 379), ma nell’VIII secolo d.C. sono costretti alla fuga per le persecuzioni della cosiddetta lotta iconoclasta (il divieto di riprodurre immagini sacre). Si rifugiano prevalentemente nell’Italia meridionale: Puglia, Sicilia e Calabria. A Zungri arrivano nel XII secolo e vi restano per due secoli. Qui costruiscono l’insediamento degli Sbariati seguendo la regola di San Basilio, che prevedeva un cenobio con celle individuali e aree comuni per la preghiera e il lavoro. Al contrario di altri ordini, i Basiliani non si appartavano dalle città, ma si dedicavano a compiti caritativi e a diffondere le loro conoscenze artigianali, agricole e architettoniche; rivelandosi, così, preziosi per la comunità. Saliamo e scendiamo per le varie viuzze e lungo tutto il costone di roccia si notano le aperture di tante altre grotte. Sparse in diversi punti troviamo le vasche-silos, dove i monaci conservavano l’olio e il grano. Il tufo è un isolante naturale: fresco d’estate e temperato d’inverno. Provo a immaginarmi a gennaio durante una giornata di pioggie torrenziali e mi viene difficile considerare accoglienti queste grotte. Ma i monaci Basiliani erano uomini di altra tempra e non temevano di sicuro le intemperie di stagione. Basta vedere il modo in cui hanno reso la roccia una dimora per il corpo e lo spirito per capirlo.
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