Ven. Apr 19th, 2024
Roma, 14 ott. (askanews) - La Guardia di Finanza di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria ha scoperte numerose truffe ai danni del servizio sanitario nazionale. In particolare sono stati accertati casi in cui è stata prodotta un'autocertificazione non veritiera per beneficiare di esenzione sanitaria non dovuta. Complessivamente, tra il 2015 e il 2016, sono state accertate oltre 1.600 tra prestazioni sanitarie e cessioni di prodotti medicinali per i quali non sono stati pagati i ticket. Una trentina le persone che dovranno rispondere all'autorità giudiziaria per il reato di truffa ai danni della Regione Calabria. Tra queste anche soggetti con redditi particolarmente elevati proprietari di immobili di pregio ed autovetture di lusso.

I finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misura del controllo giudiziale d’azienda, emessa dal Gip di Lamezia Terme su richiesta della Procura, ai sensi della legge istitutiva del reato di “caporalato”, nei confronti degli amministratori di diritto e di fatto di un’attività commerciale per la vendita di profumi. Nei confronti dei due commercianti è ipotizzato il reato di sfruttamento di lavoratori, commesso a danno di tre donne impiegate come commesse nella loro attività. Le indagini, avviate dopo una denuncia, hanno portato i finanzieri del Gruppo di Lamezia Terme, ad accertare che, almeno dal novembre del 2016 all’ottobre del 2018, i commercianti avrebbero sottoposto tre delle loro commesse a condizioni di sfruttamento, corrispondendo loro retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali, e con la reiterata violazione della norme sull’orario di lavoro e sulle ferie, approfittando del loro stato di bisogno derivante dall’assenza di altre opportunità occupazionali. Dalle indagini è emerso, inoltre, come le commesse venivano sottoposte a condizioni di lavoro e a metodi di sorveglianza degradanti. Alle donne veniva imposto di emettere scontrini fiscali per importi inferiori rispetto ai reali corrispettivi pagati dai clienti, ed erano costantemente soggette a video-sorveglianza da parte dei datori di lavoro. Per tali motivi, gli imprenditori sono stati denunciati alla Procura di Lamezia per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro continuato. L’operazione, denominata “Articolo 36” in riferimento alla Costituzione che sancisce che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, rientra n un progetto investigativo studiato dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme e dalla Guardia di finanza, attraverso il quale si vuole fronteggiare il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori

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