Mar. Apr 16th, 2024

 Sottovalutiamo tutto ciò che abbiamo, la vita stessa per rendercene conto di che grande dono sia, solo quando la stiamo perdendo e in quel momento, capiamo i nostri errori, comprendiamo le sciocchezze fatte, le cose non dette ai nostri cari, l’inutilità di arraffare tutto per avere poi il niente.

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Ieri sera all’arena “Alberto Neri” per il secondo appuntamento della stagione teatrale Catonateatro, la Polis Cultura del patron Lillo Chilà ha dato un’altra lezione di vita al suo fedelissimo pubblico mettendo in scena uno spettacolo divertente, ironico, fantasioso scritto dal popolare autore, attore e regista napoletano Biagio Izzo che, in una prima nazionale, insieme all’inseparabile artista Mario Porfito, ha strappato tante risate e anche qualche dovuta riflessione con “Un angelo per Custode”.
Carico e deciso, con l’ironia di sempre e l’interpretazione magistrale sia in parti comiche che in quelle intense, Biagio, vittima di un incidente col suo scooter, incontra il suo Angelo custode, quell’entità ultraterrena che tutti noi abbiamo in questa vita e che, anche se smarriamo la strada, ci troverà sempre.
“Io sono colui che ti condurrà alla meta, ci vorrà del tempo perché tu capisca. Per adesso, sarò il tuo angelo – rassicura la creatura celeste Ezechiele a Biagio dopo l’incidente stradale – Non morirai di Coronavirus, non è più un tuo problema. Adesso, però devi venire con me”.
Biagio all’inizio non capisce che quello è il suo viaggio verso un mondo nuovo ed entusiasta della sua immunità dal Covid-19, pensa di poter tornare a casa dalla moglie e i quattro figli. Ma non sente più il suo corpo e lì capisce che c’è qualcosa che non va.
Con monologhi serrati e racconti esilaranti su ciò che ha fatto nella sua vita, l’attore napoletano cerca in tutti i modi di rinviare il suo passaggio all’altro mondo ma per accedere all’eternità bisogna avere requisiti etici e morali di cui Biagio non sembra essere in possesso.
“Noi viviamo come se fossimo eterni ma l’unica cosa certa è l’amore” – puntualizza Ezechiele a Biagio che per ritardare il suo trapasso, mette in luce le sue doti comiche ironizzando sulla morte che, a volte, diventa farsesca e il dolore varia per circostanze e gradi di parentela.
Il pubblico è travolto da quel racconto ilare costruito sulla nostra quotidianità e che vede Biagio, uomo del Sud supplicare il suo angelo ad andare a lavorare in qualche altro posto al Nord, magari ad Arcore perché al Meridione “non lavoriamo, prendiamo il reddito di cittadinanza, non siamo un buon partito”.
Ezechiele è irremovibile e, leggendo il libro della vita del suo assistito, lo mette di fronte alle sue incombenze, a tutto ciò che ha fatto e a quello che non ha voluto fare.
“La vita prima o poi ti presenta il conto – postilla l’angelo – Dio ci ha fatto un regalo: il libero arbitrio, assumiti le tue responsabilità”.
A scandire i momenti clou dello spettacolo, ci pensa il corpo di ballo “Le Angiolette” con le quali Biagio prova a convincere l’entità celeste che non può lasciare la vita terrena perché ha bisogno ancora di tante risposte tipo “i pesci che vivono a mare hanno sete? La pizza che è tonda perché la mettono nel cartone quadrato? Le flatulenze che tratteniamo che fine fanno?”.
Gli spettatori interrompono quell’idillio comico con continue risate, nonostante inizi a piovere un po’, rimangono “incollati” alla sedia con lo sguardo fisso su quel palco dove prendono forma monologhi, dubbi, storie di un uomo che si vuole liberare dei suoi demoni ma che non riesce a lasciarsi andare.
Ezechiele è distrutto dai racconti di Biagio, una vera “macchina da guerra” in scena, non è pronto per un compito così difficile e, dopo aver conosciuto a fondo il suo assistito, lo ritiene “impresentabile” e l’unica condanna che può dargli è “farlo vivere ancora lasciandolo sulla terra, in questa valle di lacrime”.
Biagio è riuscito nel suo intento, potrà adesso riscattarsi però, non sembra che la lezione l’abbia capita bene tant’è che prima di salutare Ezechiele, gli chiede insistentemente di fargli vincere un SuperEnalotto o, in alternativa, di far vincere uno scudetto al Napoli.
Gli applausi premiano la comicità di un grande attore che con la sua mimica, sagacia nell’inserire anche battute fuori copione e teatralità, ha sfondato i cuori degli spettatori e a loro va il suo ultimo grazie prima di lasciare lo Stretto: “Avete sfidato la pandemia, la pioggia. Che dirvi? Il vero spettacolo siete voi”.


 



SERVIZIO DI GIANLUCA SCOPELLITI

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