Mar. Apr 23rd, 2024
GIUSEPPE SCOPELLITI POLITICO

“Il titolo del libro intervista a Giuseppe Scopelliti non è, come potrebbe pensare chi non lo conosce, una beffa o una provocazione. E nemmeno un efficace espediente retorico per attirare l’attenzione del lettore sulla vicenda umana e politica di un uomo che sta scontando in carcere una condanna definitiva a 4 anni e 7 mesi, per falso ideologico, emessa nell’aprile 2018”. Inizia così la prefazione di Gianfranco Fini, uno che Scopelliti lo conosce molto bene, al libro in uscita “Io sono libero”- un’intervista al giovanissimo segretario nazionale del Fronte della Gioventù quindi Sindaco di Reggio Calabria, infine Governatore della Calabria – del giornalista Franco Attanasio, edito da Luigi Pellegrini. “Questo dialogo, più che un’intervista, vuole essere semplicemente un viaggio alla scoperta dell’uomo che, fino a poco tempo fa, era considerato il politico più potente della Calabria, mentre oggi non può esercitare neanche il suo diritto al voto a causa della interdizione dai pubblici uffici che, seppur ridimensionata a cinque anni già con la sentenza di secondo grado, rimane pur sempre pesante. Giuseppe Scopelliti è stato condannato a quattro anni e sette mesi di reclusione dalla Suprema Corte di Cassazione per il reato di falso ideologico, per fatti risalenti a quando era sindaco del Comune di Reggio Calabria” scrive Attanasio.
Una condanna clamorosa e senza precedenti (“Io sono stato ucciso politicamente”), anche alla luce del recente procedimento celebrato a Messina per i medesimi fatti di reato, “in primo luogo per la entità della pena inflitta” racconta Scopelliti, ma anche “perché inaugurava un messaggio inquietante e pericoloso per tutti gli amministratori del Paese. E chi, in quel momento, gioiva non comprendeva che, in realtà, non aveva perso Scopelliti, ma la politica. La mia condizione di recluso non mi impedisce comunque di sentirmi ancora un uomo delle Istituzioni”. Tuttavia, “che io sia libero, vista la mia attuale restrizione, potrebbe apparire una provocazione. Ma non lo è” dice Scopelliti che nel suo racconto parla di politica – passata e presente -, ricorda il suo lavoro di commissario alla sanità in Calabria e i risultati ottenuti negli anni del suo impegno (“In quattro anni portai a 31 milioni di euro il disavanzo annuo”) e lo fa proprio oggi in cui questo dibattito ha infiammato il Paese, ricorda con orgoglio ed emozione anche la sua storia personale, del bambino di dieci anni che – malgrado l’invito dei genitori a non andarci per paura di incidenti- esce dall’oratorio e riesce a seguire un comizio di Giorgio Almirante, del ragazzo impegnato in politica nel Fronte della Gioventù contro la ‘ndrangheta (“è la negazione della civiltà, della cultura, dell’umanità, il principale fattore di limitazione dello sviluppo e del progresso del nostro territorio”) ispirato a Paolo Borsellino e con il plauso di Pinuccio Tatarella (“merita certamente di entrare nel Phanteon della destra italiana”), del giovanissimo consigliere comunale, del più giovane politico (28 anni e 8.600 preferenze) a diventare Presidente del Consiglio regionale, del Sindaco della sua amata città divenuta Metropolitana, del Governatore della regione che ha anche vissuto da protagonista il delicato riassetto nella destra italiana avendo in Berlusconi un sostenitore, mentre altri si sono persi per strada. Ma parla – e molto – anche dell’uomo Scopelliti, del papà di Greta e Gilda che piange pensando al loro dolore, del marito di Barbara, del figlio di Demetrio e Angelina (che quasi novantenne conosce poco o nulla della storia del carcere del figlio e lo immagina al lavoro all’estero), del fratello di Franco e Tino, dell’amico di Giacomo Battaglia, del detenuto che sta ancora scontando la sua pena nella “Sezione Apollo”, cella numero 16 del carcere di Arghillà. “Ero libero quando mi hanno incarcerato. Sono rimasto libero da carcerato. Tornerò libero quando sarò fuori da qui. Ecco tutto: Io sono Libero. Io sono Libero perché non provo rancore. Io sono Libero perché non ho mai smesso di sognare. Io sono Libero perché amo e non ho mai tradito. Io sono Libero perché anche qui dentro ho imparato la vita, grazie alla testimonianza e all’impegno di donne e uomini straordinari” scrive Scopelliti con un crescendo che sembra un sospiro di sollievo. L’ex Governatore racconta il suo ingresso in carcere, preceduto da un abbraccio durato tutta la notte e poi il saluto straziante con la figlia Greta, oggi diciottenne, con la figlia Gilda all’epoca neppure due anni, con la moglie Barbara che affida a due biglietti con altrettanti frasi di Platone il suo commiato, anche se la sua veste di avvocato le ha permesso di vedere spesso il marito in carcere. “Mentre una legge mi ha condannato, un’altra, più benevola, mi ha consentito di incontrarla frequentemente durante la detenzione” dice Scopelliti. “Il carcere segna, ma nessun sentimento di vendetta avrà il sopravvento su di me. Niente di quello che è accaduto mi ha incattivito e continuerò a guardare il mondo con gli stessi occhi di prima, con lo sguardo di chi spera”. In carcere, Scopelliti si è rimboccato le maniche ed ha intrapreso numerose iniziative, dalla cura della biblioteca, alla cucina, allo sport e in questo senso – anche grazie al senatore Claudio Barbaro e all’Asi – ha formato una squadra di basket, il suo sport preferito e che ha praticato da giovane nella Cap Reggio (numero 10), partendo dai fondamentali fino alla vittoria in un torneo alla presenza dei familiari, compresa la figlia Greta che sui social si è detta “felice, mi ha fatto proprio bene al cuore”. Il futuro, Scopelliti lo vede “nella mia casa, con la mia famiglia, assicurando, almeno in parte, alle mie figlie e a mia moglie, ciò che non sono riuscito a dare loro in passato. Ma vorrò anche dedicarmi alle tematiche sociali che hanno sempre contraddistinto il mio impegno politico, riservando un’attenzione particolare ai detenuti. Le leggi esistono. È la loro applicazione, a causa di un deficit organizzativo e strutturale, a difettare” si dice convinto Scopelliti, il cui sogno da vivere alla fine di questo percorso è quello di “tornare a casa e di abbracciare i miei cari, ma anche il momento in cui verrà fatta luce sulla mia vicenda. Perché arriverà! E poi il profumo del bergamotto, il mare, l’odore del gelsomino. La mia terra. I luoghi in cui sono cresciuto. Per dire che nulla è finito”.
(ITALPRESS).

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