Mar. Apr 23rd, 2024

Reggio Calabria, il sindaco Giuseppe Falcomatà consegna le istanze dell’aula di Palazzo Alvaro al Prefetto Massimo Mariani

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Approvata dall’unanimità dei presenti la mozione, presentata in Consiglio Metropolitano di Reggio Calabria dal vicesindaco Armando Neri, che “impegna il sindaco e l’intera assemblea di Palazzo Alvaro a chiedere al Governo il raddoppio delle somme, inserite nel Recovery Fund, previste per il Sud Italia”. Il sindaco Giuseppe Falcomatà, a conclusione della riunione, si è recato dal Prefetto Massimo Mariani per presentare le istanze pervenute dal Consiglio Metropolitano. “Il Governo – ha spiegato Falcomatà – applichi le linee guida proposte dall’Ue che indicano la necessità di riservare la quota più corposa del “Recovery fund” alla parte più svantaggiata del Paese così da colmare il gap socioeconomico esistente sul territorio nazionale. La percentuale indicata dall’Europa è prossima al 70% e, in questo senso, Palazzo Chigi può davvero incidere una svolta storica per eliminare le disuguaglianze e portare il Meridione ad essere competitivo a livello internazionale. Le condizioni tecniche ci sono”, ha aggiunto l’inquilino di Palazzo Alvaro osservando: “Serve soltanto una spinta sulla volontà politica. Se è l’Ue a dettare le linee guida, non stiamo chiedendo nulla che non sia dovuto o necessario per non rischiare di perdere l’ultima occasione di rilancio per i cittadini e le comunità del Mezzogiorno. Siamo molto contenti delle parole del primo ministro Mario Draghi che, durante il dibattito in Parlamento, ha ribadito che ‘se riparte Sud riparte Italia’, ma questo deve tradursi in realtà concrete. Noi ci sentiamo pronti a cogliere ciò che rappresenta una grande sfida per le Città Metropolitane, nate per essere enti sovraordinati con una piena autonomia nell’attrazione e nella gestione delle risorse. E’ una partita che ci sentiamo di portare avanti insieme a tutte le realtà attive e positive del territorio impegnate, nel nostro caso, all’interno della cabina di regia metropolitana. Quello che oggi serve più d’ogni altra cosa, in questa fase tanto delicata, è una classe politica unita non sotto un partito, ma sotto gli unici elementi possibili, ovvero l’identità e l’appartenenza al nostro territorio”.

Secondo il documento approvato dall’aula, il piano impostato da Palazzo Chigi ed in questi giorni oggetto di confronto all’interno delle due ali del Parlamento, “non risulta in linea con le indicazioni dell’Unione Europea che ha stanziato il Recovery Fund sulla base di tre fattori: la popolazione, la media della disoccupazione degli ultimi cinque anni e il basso Pil pro capite”. “Sulla base di questi criteri – spiega la “mozione Neri” approvata all’unanimità – la cifra che dovrebbe spettare al Mezzogiorno si aggirerebbe fra il 66 e il 68%. Percentuali che risultano coerenti con le aspettative espresse dai sindaci del Sud, riuniti in una piattaforma denominata “Recovery Sud”, ed enunciati anche dallo stesso Ministero per il Sud e la Coesione che, in più occasioni, ha affermato che al Mezzogiorno spetta una percentuale superiore al 60% delle risorse previste dal Recovery Fund”. Nell’illustrare la proposta, il vicesindaco ha ricordato come anche la Svimez “ribadisce l’esigenza di orientare le risorse aggiuntive del Piano all’obiettivo della coesione territoriale tra nord e sud del Paese. Al Sud – ricorda – si concentrano, infatti, i ritardi più rilevanti in termini di offerta di servizi pubblici essenziali e, allo stesso tempo, le più rilevanti opportunità in termini di contributo alla transizione del Paese verso un’economia più sostenibile. Se cresce il Sud, cresce l’Italia. Ma se non si destinano al Sud risorse adeguate a superare questi ritardi e ad attivare tali potenzialità, il Piano non raggiungerà il suo obiettivo di ricostruire un processo di crescita più equo e più stabile”. Rispetto a questo, il 40% delle risorse previste appare del tutto insufficiente e spinge il Consiglio Metropolitano a parlare di “grave torto alle comunità dei cittadini del Mezzogiorno. I sindaci e gli amministratori del Sud – afferma, ancora, la mozione – costretti a governare Comuni con scarsissime risorse, insufficienti a erogare servizi sociali per una domanda di protezione sempre crescente o a curare la manutenzione di chilometri e chilometri di strade, non riescono a comprendere perché il Governo abbia scelto, invece, di limitare al 40% la quota destinata al Sud. Per tale ragione, invitiamo il Governo a rivedere la ripartizione dei fondi, allineandola ai parametri auspicati dall’Unione Europea e contestualmente chiediamo a tutti i Deputati e ai Senatori eletti nelle regioni del Sud di sottoscrivere la nostra proposta, rappresentandola in sede parlamentare durante la discussione del provvedimento”. Sul punto sono intervenuti i consiglieri Pasquale Ceratti, Giuseppe Marino, Antonino Minicuci, Rudi Lizzi e Filippo Quartuccio sostenendo con forza la necessità di spingere affinché il Governo tenga in maggiore considerazione le regioni meridionali. La mozione, dunque, è stata approvata col voto unanime dei presenti. In apertura di seduta, è stato approvato anche il primo punto all’ordine del giorno, illustrato dal consigliere delegato Giuseppe Ranuccio, sul regolamento per l’applicazione del canone unico patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria.

Di seguito la mozione integrale:

Oggetto: mozione che impegna il sindaco e il consiglio metropolitano a chiedere il raddoppio delle risorse inizialmente previste per il sud all’interno del recovery fund

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza costituisce un’occasione imprescindibile per rilanciare lo sviluppo del Mezzogiorno, colmando il gap storico che lo relega in una condizione di arretratezza socioeconomia rispetto alle altre aree del Paese e di tutta Europa, e determinando anche un’importante opportunità per la crescita e lo sviluppo dell’intero Paese nel contesto internazionale. Attualmente, il piano impostato dal Governo, in questi giorni oggetto di confronto nelle aule della Camera e del Senato, pur con alcune significative novità positive, non risulta in linea con le indicazioni dell’Unione Europea, che ha stanziato il Recovery Fund sulla base di tre fattori: la popolazione, la media della disoccupazione degli ultimi cinque anni e il basso Pil pro capite. Sulla base di questi criteri, la cifra che dovrebbe spettare al Mezzogiorno si aggirerebbe fra il 66 e il 68%. Percentuali che risultano in linea con le aspettative espresse dai sindaci  del Sud, riuniti in una piattaforma denominata “Recovery Sud”, ed enunciati anche dallo stesso Ministero per il Sud e la Coesione che in più occasioni ha affermato che al Mezzogiorno spetta una percentuale superiore al 60% delle risorse previste dal Recovery Fund. La stessa Svimez, tra i più autorevoli riferimenti per le politiche dello sviluppo nel Mezzogiorno, ribadisce l’esigenza di orientare le risorse aggiuntive del Piano all’obiettivo della coesione territoriale tra nord e sud del Paese, tra aree più avanzate e regioni caratterizzate da un regime di arretratezza socioeconomica, soprattutto per quanto riguarda le dotazioni infrastrutturali e sociali e per le politiche volte a migliorare la qualità e il livello dei beni e dei servizi pubblici essenziali. Al Sud si concentrano infatti i ritardi più rilevanti in termini di offerta di servizi pubblici essenziali e allo stesso tempo le più rilevanti opportunità in termini di contributo alla transizione del Paese verso un’economia più sostenibile. Se cresce il Sud, cresce l’Italia. Ma se non si destinano al Sud risorse adeguate a superare questi ritardi e ad attivare tali potenzialità, il Piano non raggiungerà il suo obiettivo di ricostruire un processo di crescita più equo e più stabile. A tal riguardo, Svimez ha anche elaborato una simulazione dei possibili effetti sulla crescita del Pil derivante dall’impiego delle risorse mobilitate dagli interventi previsti dal Pnrr. Dalle stime risulta che una distribuzione territoriale delle risorse più favorevole al Mezzogiorno, ed in linea con l’obiettivo europeo della coesione territoriale, avrebbe l’effetto di incrementare significativamente la crescita del Pil meridionale, dall’8,1% all’11,6%, per impatto incrementale cumulato tra il 2021 e il 2026, determinando anche una maggiore crescita complessiva dell’economia nazionale di circa un punto percentuale. In queste settimane tanti Comuni del Sud Italia, hanno espresso anche formalmente una proposta nei confronti del Governo affinché i fondi previsti dal Recovery siano indirizzati nella direzione auspicata dall’Unione Europea e da Svimez. V’è anche da considerare che l’implementazione delle risorse da destinare al Sud determinerebbero effetti concretamente positivi per tutto il Paese ed anche per il Nord Italia; secondo recenti studi, infatti, per ogni euro speso al Sud, circa 40 centesimi sono destinati al Nord. Inoltre, occorre superare il criterio della c.d. “spesa storica” nella ripartizione dei fondi da destinare al Sud, atteso che siffatto criterio penalizza puntualmente le Regioni del Mezzogiorno. I sindaci e gli Amministratori del Sud, costretti a governare Comuni con scarsissime risorse, insufficienti a erogare servizi sociali per una domanda di protezione sempre crescente o a curare la manutenzione di chilometri e chilometri di strade, non riescono a comprendere perché il Governo abbia scelto, invece, di limitare al 40% la quota destinata al Sud. Tale ripartizione ci appare un grave torto alle comunità dei cittadini del Mezzogiorno, comunità che annoverano al loro interno aziende industriali, agricole, zootecniche e artigiane di grande qualità, nonché giovani, professionisti, operatori del turismo e della cultura che rappresentano straordinarie eccellenze sul piano produttivo e potrebbero essere ancora più performanti se avessero le stesse opportunità, in termini infrastrutturali, di altre regioni d’Italia e d’Europa. Per tale ragione, invitiamo il Governo a rivedere la ripartizione dei fondi, allineandola ai parametri auspicati dall’Unione Europea e contestualmente chiediamo a tutti i Deputati e ai Senatori eletti nelle regioni del Sud di sottoscrivere la nostra proposta, rappresentandola in sede parlamentare durante la discussione del provvedimento.

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