Gio. Mar 28th, 2024

Il boss di Limbadi “è sempre stato visto come un ministro della ‘ndrangheta a livello internazionale” e “ci ha fatto fare una bella figura con i siciliani”

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“La ‘ndrangheta non è solo a livello provinciale e regionale, ma è internazionale”. E Luigi Mancuso “è sempre stato visto come un ministro della ‘ndrangheta a livello internazionale: era riconosciuto a tutti gli effetti, era una persona che si sapeva destreggiare nell’ambiente mafioso. Non so se faceva proprio parte di una loggia massonica, so che si destreggiava in ambienti massonici paramafiosi. Tutti riconoscevano questa figura, anche personaggi di grandissimo spessore, è una dote naturale che ha avuto”. Così nel maxi processo “Rinascita Scott” Andrea Mantella, ex boss vibonese e collaboratore di giustizia dal 2016. “Luigi Mancuso – spiega ancora – era riconosciuto come un mito. Per me quando veniva a Vibo Valentia con la Lancia Delta era un idolo, ovviamente un falso idolo perché era un contesto sbagliato, ma quando ero ragazzino ero suggestionato. La stessa cosa anche le altre persone”. “Dove si presentava era comunque Luigi Mancuso. È come se fosse – aggiunge – che compravi una borsa dal cinese o da Fendi”. “Luigi Mancuso – ha chiesto il pm Antonio De Bernardo – era Fendi?”. “Ovviamente procuratore”.

La figura di Luigi Mancuso – boss di Limbadi, difeso dall’avvocato Paride Scinica e uno degli imputati principali del maxi processo – era talmente rilevante anche fuori dalla Calabria che “era stato contattato dalla commissione di Cosa nostra per le stragi che erano in atto (negli anni ’90, ndr). L’hanno contattato per sondare il terreno, per provare a coinvolgere la ‘ndrangheta per fare degli attentati contro vittime innocenti anche in Calabria”. “Per quanto ne so – continua Mantella – Luigi Mancuso ha declinato l’invito, ma per non mettersi in cattiva luce fece la mossa di contattare altri esponenti della ‘ndrangheta calabrese per vedere chi voleva aderire e chi no. Alla fine ha convinto tutti, con la sua abilità, a non partecipare alle stragi delle vittime innocenti. E ha fatto una bella figura anche con Cosa nostra: la ‘ndrangheta ne è uscita con una figura sobria, altrimenti i siciliani avrebbero detto che gli ‘ndranghesti erano vigliacchi”.

A quell’incontro, “per come mi è stato specificato nel ’95 o ’96 in carcere da Francesco Giampà, detto ‘il professore’, Luigi Mancuso ha coinvolto i Piromalli e i Molè, con cui era di casa e di bottega, e poi anche i Pesce”. In ogni caso all’incontro con Cosa Nostra “non ha preso parte nessun altro del Vibonese, se non forse per falsità solo Carmelo Lo Bianco detto ‘Piccinni’. “Però – evidenzia Mantella – era già stato tutto preparato a tavolino: la ‘ndrangheta avrebbe declinato l’invito a fare le stragi”. E quali famiglie siciliane avevano contattato Luigi Mancuso? “Se non ricordo male sono stati i catanesi, comunque la fazione di Totò Riina e Bagarella, con l’ala militare dei Santapaola della bassa Sicilia”.

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