Ven. Mar 29th, 2024

«Un’altra corsia preferenziale ecclesiastica si aggiunge a un’autostrada che già ne aveva diverse (chiese sì ma teatri no; catechismo sì ma altre forme di aggregazione per ragazzi no): nelle vaccinazioni il Servizio sanitario nazionale mette preti e suore davanti a chi è malato e ai tanti lavoratori che svolgono un servizio davvero per tutti (cassieri e fattorini, per esempio). Se l’ignobile concordato costringe ancora oggi a pagare come infermieri i “preti in corsia” (35 milioni l’anno di spesa e personale non sanitario che circola indisturbato nei reparti anche in tempo di pandemia), stavolta il privilegio è una scelta altrettanto insensata ma totalmente a discrezione della politica. Perché?».

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È la domanda che il segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar), Roberto Grendene, si pone alla luce delle notizie di questi giorni sui vaccini somministrati a esponenti religiosi o del clero.

«Ovviamente il problema non lo solleviamo per coloro che rientrano nelle categorie attualmente in fase di vaccinazione secondo quanto previsto dal Piano nazionale del governo, ma per quanti tra preti e suore hanno avuto accesso al vaccino, prima di altre categorie fragili, in ragione del contatto che hanno con i fedeli. Perché – spiega Grendene – come si legge per esempio sul sito della Regione Piemonte, tra quanti sono stati vaccinati in questi giorni al presidio ospedaliero del Cottolengo di Torino (espressamente diventato “centro vaccinale per i religiosi”) oltre a quanti appartenenti alle categorie fragili ci sono anche i ministri di culto che operano negli ospedali, nelle Rsa, nelle strutture per anziani autosufficienti e presso il domicilio dei fedeli. Cioè potenzialmente tutti».

«Non è semplice, ci rendiamo conto, stilare una lista delle priorità. Ciò che amareggia ma ormai neppure stupisce più – conclude Grendene – è la costanza con la quale ogniqualvolta possibile, anche in questa situazione, la politica avvantaggia la Chiesa cattolica, dà contentini a selezionate confessioni religiose e lascia all’ultimo posto i dieci milioni di cittadini atei e agnostici».

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