Ven. Apr 19th, 2024

Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone sono stati condannati all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Reggio Calabria nel luglio 2020 per essere stati tra i mandanti della «stagione delle stragi» in Calabria, culminata con il duplice omicidio dei brigadieri dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo

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Ha preso il via stamani nell’aula della Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria il processo “Ndrangheta Stragista”, conclusosi in primo grado con due ergastoli a carico del boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano e del capobastone della ndrangheta di Melicucco – nella Piana di Gioia Tauro – Rocco Santo Filippone.

Il Collegio, presieduto da Bruno Muscolo – in rappresentanza dell’accusa il Procuratore aggiunto della Dda, Giuseppe Lombardo – dopo avere preso atto delle richieste del difensore dell’ex capo mandamento di Brancaccio Giuseppe Graviano, secondo il quale al suo assistito, imputato principale nel processo, non erano stati forniti supporti informatici utili alla trascrizione di audio e video i cui contenuti potrebbero avvalorare una richiesta di riapertura del dibattimento, ha rinviato al prossimo 18 novembre il prosieguo della discussione.

Lo stesso rappresentante dell’accusa Giuseppe Lombardo, ha esplicitato alla Corte le proprie perplessità in ordine a quanto riferito dall’avvocato per conto di Graviano, sollecitando una rapida definizione della questione procedurale posta dal difensore. Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone sono stati condannati all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Reggio Calabria nel luglio 2020 per essere stati tra i mandanti della «stagione delle stragi» in Calabria, culminata con il duplice omicidio dei brigadieri dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo uccisi nei pressi dello svincolo di Scilla dell’A/2 Salerno-Reggio Calabria, il 18 gennaio 1994.

A chiamare in causa il Filippone e il Graviano, i pentiti di ndrangheta Consolato Villani , nipote del Filippone, e Giuseppe Calabrò, che aprirono il fuoco contro l’autovettura di Fava e Garofalo con un mitragliatore Beretta cal.9, simile a quelli in dotazione alle forze dell’ordine, dopo averli affiancati a bordo di una macchina rubata.

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