Ven. Apr 19th, 2024

Il primo evento nell’era della nuova normalità al Mazzini non poteva che essere dedicato alla cultura. Questa mattina nell’Auditorium della scuola è stato presentato il romanzo d’esordio di Domenico Sergio Ammendolea “Percorso verso un omicidio”.

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Ammendolea è nato e vive a Locri. Oltre ad esercitare la professione di avvocato, si distingue per la sua personalità eclettica e ricca di sfumature che lo ha portato a interessarsi, oltre che di scrittura, di cinema e musica. La prima opera dell’autore è ambientata interamente nella sua città natale, in una Locri descritta in modo dettagliato e realistico, nonostante la trama sia interamente frutto di fantasia. È proprio questa verosimiglianza, però, che permette al lettore di immedesimarsi nelle vicende a cui i nostri luoghi fanno da sfondo.

“Percorso verso un omicidio” è un titolo estremamente accattivante, che rimanda sia al genere del noir ma anche al romanzo psicologico.

Nel corso dell’intervento, l’autore ha dichiarato di aver iniziato a scrivere la storia dopo l’omicidio tristemente noto di Francesco Fortugno nel 2005, episodio che ha segnato profondamente la città di Locri e che ha rappresentato uno spartiacque nella lotta contro le mafie.

Il protagonista del romanzo è un ragazzo piccolo borghese, che conduce una vita piuttosto monotona, ma che andrà a scontrarsi con una realtà di soprusi e violenze perpetrate per mano della criminalità organizzata. Una storia in cui i confini delle norme vigenti appaiono sfumati, confusi da una realtà in cui troppo spesso si respira l’aria rarefatta dell’illegalità. La gravità dei fatti porterà il protagonista non solo a mettere in discussione il contesto che vive, ma anche se stesso. Tuttavia, il tema della criminalità organizzata fa solo da contorno alla vicenda: il romanzo, infatti, non vuole essere un racconto di ‘ndrangheta, ma si focalizza sul percorso di crescita di Vittorio (nomen omen, direbbero i latini) per lanciare un messaggio di speranza e rinascita.

A livello tecnico sono ben visibili le influenze cinematografiche, sapientemente tradotte da Ammendolea sulla carta stampata: proprio come se si impugnasse una telecamera che cambia punto di vista, il lettore passa dalla narrazione in prima persona (dunque la vicenda vista con gli occhi del protagonista), alla voce del narratore esterno che tutto sa e tutto vede, alla seconda persona, che entra prepotentemente in gioco quando la trama raggiunge il culmine.

Il ritmo rapido e incalzante del romanzo, conferito dal susseguirsi di capitoli molto brevi, è garantito anche dalla felice convivenza tra due registri stilistici completamente diversi: l’italiano standard e il dialetto calabrese.

Nonostante la vicenda sia condensata in poco più di 100 pagine, il libro è una miniera di spunti che rimandano alla filosofia, al cinema e alla psicanalisi. L’autore, infatti, ha sapientemente trasposto nella sua opera elementi come le figure archetipali di Jung, l’uso delle telecamere di Kubrick e la struttura narrativa in tre atti di Aristotele. Un libro ragionato, dunque, ma che scorre con estrema facilità anche per i meno avvezzi alla lettura.

Il fermento dei ragazzi questa mattina ha dimostrato la fruibilità del testo e la capacità dell’autore di arrivare dritto a tutti: con le loro domande spontanee e a tratti disarmanti hanno intrattenuto una vivace conversazione ricca di spunti di riflessione, che si è chiusa con le belle parole dello stesso Ammendolea: “Se dovessi trasmettere un solo insegnamento ai ragazzi attraverso questo libro sarebbe quello di avere sempre solide basi di riferimento, di sceglierle con cura e trasmetterle poi ai propri figli, in modo tale che anche la tempesta più forte non possa mai scuotere le loro fondamenta.”

Maria Antonietta Reale | redazione@telemia.it

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