Gio. Mar 28th, 2024

«La sentenza impugnata, nonostante la sua ampiezza e la continua riproduzione di brani delle precedenti decisioni, nell’affrontare le criticità indicate dalla sentenza rescindente, reitera gli stessi vizi argomentativi, se possibile aggravando, con il cenno alle ulteriori dichiarazioni del collaboratore Agresta, la non linearità del percorso che ha condotto alla condanna del ricorrente».

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In questi termini la Corte di Cassazione ha annullato per la seconda volta la sentenza di condanna all’ergastolo di Michele Curciarello, imputato con la pesante accusa di essere stato l’esecutore materiale del delitto di Salvatore Cordì, detto “u cinesi”, ucciso il pomeriggio del 31 maggio 2005 a Siderno.

I giudici “ermellini” hanno recepito le argomentazioni della difesa del 59enne di Siderno, composta dagli avvocati Salvatore Staiano e Cosimo Albanese, i quali hanno impugnato la sentenza della Corte di assise di appello di Reggio Calabria del marzo del 2019 e hanno lamentato una serie di violazioni motivazionali e di legge. I magistrati della prima sezione penale della Suprema Corte hanno ritenuto fondati i motivi della difesa dell’imputato «che investono tanto l’utilizzazione, da parte della Corte territoriale, dei risultati dello stub, nonostante che la sentenza di annullamento con rinvio avesse definitivamente espunto tale dato». Sotto questo profilo gli avvocati Staiano e Albanese hanno insistito: «Sul rilievo per il quale la mancata effettuazione del cd. “stub bianco” al momento del prelievo dei reperti aveva irrimediabilmente pregiudicato l’acquisizione dei reperti e che proprio tale vizio avrebbe richiesto di accertare la ragioni dell’accertata contaminazione della scatola contenente i reperti».

Altro motivo di doglianza dei due penalisti recepito dai giudici della quinta sezione penale è quello in cui si lamenta del fatto che la sentenza impugnata avrebbe «sostanzialmente riprodotto le argomentazioni della sentenza di primo grado e di quella sentenza annullata» nell’ottobre del 2015. Infine si richiama il motivo difensivo dove si evidenzia «la contraddittorietà della motivazione che, per un verso, ha continuato ad individuare nel Curciarello colui che aveva sparato all’indirizzo del Cordì e, per altro verso, ha ritenuto attendibili le dichiarazioni dell’Agresta che ha attribuito al primo il ruolo di mero accompagnatore». Dichiarazioni del collaboratore «ritenute credibili senza indicare i criteri che giustificavano tale conclusione».

Gli avvocati Albanese e Staiano hanno, infine, evidenziato l’insussistenza di altri possibili elementi a carico del proprio assistito, ribadendo che dal contenuto dell’inchiesta originaria, confluita nell’operazione denominata “Pioggia di Novembre”, non emergono riscontri dai quali si può concludere per la colpevolezza del proprio assistito. Al contrario i difensori hanno insistito nell’innocenza di Michele Curciarello, in quanto da considerare avulso da contesti riconducibili all’asserita contrapposizione tra le consorterie di ‘ndrangheta “Cataldo” e “Cordì”, nell’ambito in cui la Procura ha ipotizzato che sia maturato l’assassinio di Salvatore Cordì.

In definitiva la Cassazione hanno disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Reggio Calabria.

fonte gazzetta del sud

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