Ven. Apr 19th, 2024

Secondo i giudici è corretta la decisione del prefetto nei confronti del sindaco. Il commento: «Ricorso atto dovuto, me lo aspettavo»

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Il Tribunale civile di Reggio Calabria ha rigettato il ricorso presentato da Giuseppe Falcomatà per chiedere l’annullamento dei decreti con cui il Prefetto nel novembre scorso lo aveva sospeso, in base alla legge Severino, dalle cariche di primo cittadino e di sindaco della Città metropolitana in seguito alla condanna per abuso d’ufficio ad un anno e 4 mesi di reclusione a conclusione del processo sull’affidamento diretto ad un privato dell’immobile comunale che un tempo ospitava l’Hotel Miramare. Il collegio (presidente Giuseppe Campagna) ha ritenuto, in particolare, «assolutamente infondati» i motivi del ricorso presentato dall’avvocato Fortunato Dattola, difensore di Falcomatà . Nell’istanza si sosteneva l’illegittimità dei decreti prefettizi sotto due diversi profili. In primo luogo «perché emessi sulla base del solo dispositivo di sentenza, senza attendere il deposito della motivazione, e quindi prima che vi fosse una vera e propria sentenza». Ed il secondo perché i provvedimenti di sospensione erano stati adottati «in assenza di istruzione e motivazione, essendosi il prefetto limitato a prendere atto della sussistenza di una causa di sospensione». «Deve evidenziarsi – ha affermato il Tribunale civile nell’ordinanza – che il Prefetto, in piena conformità al disposto legislativo, si è limitato ad accertare l’esistenza di una condanna per uno dei reati ostativi previsti dalla legge Severino ed altro non avrebbe dovuto e potuto fare. Non si può muovere alcuna censura al Prefetto per non avere motivato il suo provvedimento e per non avere svolto alcuna istruttoria in quanto la sua attività non ha natura discrezionale e consiste nel mero accertamento del ricorrere della sospensione, che opera ex lege. A nulla rileva poi che, al momento dell’adozione del decreto prefettizio, non fosse stata ancora depositata la motivazione della sentenza penale, in quanto i motivi che hanno condotto il Tribunale alla condanna del sindaco non avrebbero potuto essere valutati dal Prefetto, che deve solo prendere atto della condanna e della conseguente sospensione del cittadino dalla carica ricoperta, senza potere entrare nel merito della decisione». Falcomatà aveva posto anche alcune questioni di legittimità costituzionale chiedendo di rimettere la decisione alla Consulta rispetto alla violazione da parte della legge Severino di alcuni articoli della Carta fondamentale. Su questo specifico punto, il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso perché ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale sollevata «manifestamente infondata».

Il commento di Falcomatà: «Me lo aspettavo. Spero che la politica si occupi degli aspetti ordinamentali della Severino»

«Nessuna sorpresa, una posizione che oggettivamente mi aspettavo – ha commentato Falcomatà – considerando il rigetto al sindaco di Catania ed in generale gli esiti dei tanti ricorsi ad oggi presentati dai vari sindaci ed amministratori che sono incorsi nell’applicazione della Severino. Il ricorso per quanto mi riguarda era semplicemente un atto dovuto, sul quale non nutrivo eccessive speranze, ma che andava presentato per segnalare il disagio di tanti sindaci ed amministratori verso le conseguenze di una norma che, sanzionando anche i presunti abusi lievi, produce effetti perversi ed ingiusti. D’altronde le posizioni espresse da Anci e da migliaia di sindaci di tutta Italia lo raccontano meglio di me. Ciò che mi aspetto adesso è che la politica si occupi degli aspetti ordinamentali, contribuendo a superare l’impasse che l’applicazione della Severino ha generato e sta generando in tante aree del nostro Paese».

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