Ven. Apr 19th, 2024

Cara dottoressa Pinna,

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la chiamo “cara” e “dottoressa” anche se non lo meriterebbe perché noi calabresi siamo migliori, solidali, comprensivi e altamente inclusivi, inoltre abbiamo rispetto per chi si afferma come professionista nella vita, anche se devo dire che abbiamo rispetto per qualunque forma di vita umana, qualsiasi sia l’ estradizione sociale e la condizione di vita appartenente.

Siamo un popolo accogliente, forte, orgoglioso, empatico, pieno di voglia di vita e pieno di voglia di vivere. Nella nostra storia siamo sempre stati abituati ad accogliere, ad abbracciare il prossimo nella morsa della fratellanza e cerchiamo, come il nostro mare ci insegna, di accettare le influenze e gli arrivi sulle nostre coste e nelle nostre città come opportunità da sfruttare.

Per noi, non esiste lo “straniero”, non esiste il “nord”, il “sud”, un’altra nazione o altri continenti, noi calabresi siamo fratelli del mondo.

Siamo popolo di santi, navigatori, scienziati, medici, agricoltori, costruttori e sognatori.

Noi calabresi abbiamo contribuito a scrivere la storia di un sogno, un sogno che recita che la Calabria offre competenza e sapienza, la Calabria ha costruito il mondo e originariamente tutta l’Italia prendeva il nome dal nome storico della nostra terra.

Noi calabresi siamo un polo martoriato dalle poche possibilità che la politica italiana ci ha relegato, spogliando il Sud Italia delle sue ricchezze e la mia, nostra, Calabria di qualsiasi tipo di benefit che possa portare la gente ad investire al Sud e nella propria regione.

Conosco tanti amici, tanti ragazzi, tanti volti noti costretti a scappare per la possibilità che ci avete tolto di costruirci un futuro nella nostra terra, conosco tante madri piangere l’assenza dei figli e tante nonne che immaginano l’odore dei nipoti lontani mentre vorrebbero solo poterli abbracciare e cucinare per loro la domenica.

Cara dottoressa Pinna, lei questa sofferenza non la conosce, non conosce cosa vuol dire riuscire ad essere un fratello di questo mondo ma lontano dalla propria dimensione per necessità, non conosce nel concreto quanti ragazzi calabresi siano affermati professionisti e grandi lavoratori in tutte le città d’Italia, soprattutto in Veneto dove lei dice di fare la “giornalista”.

Lei non conosce la forza degli abbracci di noi amici quando ci salutiamo perché c’è chi ha scelto di restare e lottare e c’è chi ha scelto, forzatamente, di partire per costruirsi un futuro.

Lei non conosce quanto siano forti questi abbracci, quanto sia rosso il sangue, dense le lacrime e duro il lavoro di noi calabresi e di noi giovani calabresi soprattutto.

Il piccolo Domenico,7 anni, si è visto violentato in maniera identitaria della sua frase perché condannato ad una vita di stereotipi a cui i genitori dovranno prepararlo.

Gli stessi genitori di Domenico che sono due affermati professionisti, imprenditori che hanno scelto di rimanere in Calabria e scommettere.

Cara dottoressa Pinna, questa lettera a lei indirizzata, è dedicata ai miei amici, alla mia famiglia, al mio popolo che ha vinto battaglie più dure della sua battuta.

E’ dedicata ai ragazzi calabresi, tutti, vicini e lontani, a chi ha deciso di studiare e lavorare in Calabria, a chi ha deciso di farlo fuori perché svuotato di speranze.

E’ dedicata a me che negli occhi di mamma e della mia Calabria ci vedo l’amore che cerco.

Stefano Muscatello

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