Gio. Apr 25th, 2024

Ne parlo da mera portavoce di un gesto che rappresenta la propensione a migliore che c’è dentro ciascun essere umano se adeguatamente sollecitata. Il carcere è luogo di dolore e di grandi e gravi tensioni, ma è anche storia come quella che oggi vi racconto, scrive l’Avv. Russo. Un contributo di solidarietà dal carcere, vale doppio, anzi triplo. Contro la guerra, contro i pregiudizi e educando tutti a dare valore anche alle apparentemente piccole rinunce compiute per metterci accanto a chi oggi vive l’orrore di questo tempo segnato in modo atroce dal male. Se la pace è conversione del cuore e dello sguardo sulla vita degli altri ed è sovversione della logica del conflitto armato, i detenuti del carcere di Arghillà ci hanno fatto camminare in una direzione necessaria attraverso questo impegno umile e deciso.

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Il carcere è un mondo di uomini e donne che hanno una storia segnata dal dolore, quello proprio e quello che hanno talvolta causato nelle vite degli altri. La pandemia li ha colti di sorpresa, ma, paradossalmente, erano preparati perché da ristretti loro ci vivono da anni e quando nei mesi scorsi si sono trovati a fronteggiare un importante focolaio lo hanno fatto con grande senso di responsabilità. Poi è arrivata la guerra e senza che nessuno sollecitasse la loro sensibilità hanno deciso spontaneamente di rendersi solidali con le sofferenze del popolo ucraino.

Chi si occupa di detenzione, chi vive da vicino e con serietà le problematiche del mondo recluso, sa bene che spesso si tratta di persone che devono fare i conti anche con una realtà economica familiare per niente florida.

Nel silenzio delle loro vite, hanno, in autogestione, raccolto 422,00 euro e affidati alla Caritas affinché siano destinati alla popolazione ucraina.

Ora, un lettore distratto potrebbe pensare che 422,00 euro siano una cifra irrisoria, ma ciò che qui rileva non è il dato economico. Si vuole valorizzare il gesto di solidarietà, di attenzione, di altruismo verso persone che in questo momento stanno vivendo la tragedia della guerra. Hanno lanciato un messaggio a quello che si è soliti chiamare mondo libero. Un messaggio di speranza e, non ultimo, di disponibilità ad aiutare chi sta soffrendo.

Tale iniziativa è stata promossa e organizzata direttamente dai detenuti della Casa circondariale di Reggio Calabria plesso Arghillà. La somma, interamente raccolta dai reclusi, è stata devoluta alla Caritas di Reggio Calabria per il tramite del Cappellano Padre Carlo Cuccomarino. Anche nei luoghi dove nell’immaginario collettivo si presuppone una non attenzione alle problematiche esterne e di vita sociale, si dimostra una particolare propensione verso la sofferenza. La carità, l’altruismo, l’affettività hanno spinto la popolazione detenuta a sostenere le cause di un popolo allo stremo, condannando con questo gesto ogni conflitto e ogni sua forma di violenza, volendo far passare il messaggio di un “no” all’odio e di un sì verso la pace. Nella speranza che questo messaggio dia ulteriore forza alla volontà di terminare questa tragedia, si ringrazia chiunque abbia contribuito in ogni forma, le persone detenute in primis e l’amministrazione penitenziaria tutta.

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