Ven. Mar 29th, 2024

I militari del comando provinciale della guardia di Finanza di Bologna, in collaborazione con il Servizio centrale investigazione criminalità organizzata delle fiamme gialle e con l’ausilio di personale dei comandi provinciali di Milano, Forlì Cesena, Reggio-Calabria, Vibo Valentia e Chieti, hanno eseguito misure cautelari personali a carico di 23 persone affiliate alle n’drine dei Piromalli -Mancuso e sequestro di conti correnti, beni immobili e quote societarie per 30 milioni di euro.

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C’è anche Francesco Patamia, fondatore del partito “Europei Liberali” e candidato alla Camera nelle ultime elezioi con la  lista “Noi moderati” di Maurizio Lupi nel collegio di Piacenza, tra le persone coinvolte nell’inchiesta della Dda di Bologna, sulle infiltrazioni mafiose in Emilia-Romagna e, in particolare in Riviera.

Patamia, 35 anni, originario di Gioia Tauro (Reggio Calabria) secondo le indagini svolte dal Gico della Guardia di Finanza sarebbe il fulcro e il terminale di una serie di operazioni economico-finanziarie che avrebbero consentito ad alcuni clan di primo piano del reggino (i Piromalli di Gioia Tauro) e del vibonese (i Mancuso di Limbadi) di reinvestire capitali sporchi nel settore del commercio.

Un centinaio di militari del Comando Provinciale di Bologna, in collaborazione con il Servizio Centrale
Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza e con l’ausilio di personale dei Comandi
Provinciali di Milano, Forlì-Cesena, Reggio-Calabria, Vibo Valentia e Chieti, hanno eseguito misure cautelari
personali a carico di 23 persone – affiliate alle ‘ndrine dei “Piromalli” di Gioia Tauro e dei “Mancuso” di
Limbadi – e sequestrato conti correnti, beni immobili e quote societarie per 30 milioni di euro circa tra le
province di Roma, Milano, Brescia, Bologna, Monza, Modena, Piacenza, Forlì-Cesena, Reggio Emilia, Vibo
Valentia e Reggio-Calabria.
I provvedimenti sono stati emessi dal G.I.P. presso il Tribunale di Bologna Dott. Domenico TRUPPA su
richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nella persona del Sostituto Procuratore Dott. Marco
FORTE.
Le indagini, eseguite dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di
Finanza di Bologna, con il supporto dello S.C.I.C.O. e la direzione della Procura della Repubblica alla sede,
rientrano nell’operazione convenzionalmente denominata “Radici”, che ha preso le mosse dal monitoraggio di
cospicui investimenti immobiliari e societari riconducibili a soggetti di origine calabrese. È stata così fatta luce
su infiltrazioni nel tessuto socio-economico dell’Emilia Romagna di organizzazioni criminali di stampo mafioso
radicate in Calabria (da qui il nome dell’operazione).
Gli investimenti illeciti, molti dei quali avvenuti in piena emergenza epidemiologica da COVID-19, hanno
riguardato, nel tempo, esercizi commerciali ubicati principalmente lungo il litorale romagnolo e operanti in
variegati settori economici, tra cui l’edilizia, la ristorazione e l’industria dolciaria. Dopo mesi di complesse
investigazioni è emersa la presenza nel territorio regionale di piccoli gruppi di matrice ‘ndranghetista, ognuno
dei quali guidato da personalità di spicco, con propri interessi economici e, soprattutto, provvisto di legami con
diverse famiglie e mandamenti della “casa madre” in Calabria, spesso menzionati nelle varie conversazioni
captate.
Grazie al ricorso a indagini tecniche, telefoniche e ambientali, oltreché all’esame di oltre un centinaio di rapporti
bancari, è stato documentato un vorticoso giro di aperture e chiusure di società che, formalmente intestate a
soggetti prestanome, venivano utilizzate come “mezzo” per riciclare denaro ovvero per consentire
l’arricchimento dei reali dominus, il tutto mediante sistematiche evasioni fiscali perpetrate per lo più attraverso

l’emissione e l’utilizzo di fatture false, sovente preordinate al trasferimento di ingenti somme di denaro e al
compimento di vere e proprie distrazioni patrimoniali, con palese noncuranza delle possibili conseguenze in
termini di procedure fallimentari.
Tali illeciti si sono consumati in un contesto criminale connotato da ripetuti episodi di intimidazione e minacce,
oltreché, in alcuni casi, di vere e proprie violenze ai danni degli imprenditori che si sono rifiutati (o hanno tentato
di farlo) di aderire alle richieste dei sodali.

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